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Da “Il meglio del Cavallino”, arrivano le Ferrari “Top secret”

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Le Ferrari meno conosciute dal grande pubblico: ecco le Rosse protagoniste del quinto e ultimo volume della collana “Il meglio del Cavallino”. Si parte con la 815, la prima creatura del “Drake”, realizzata nel 1940 sotto l’anonimo marchio Auto Avio Costruzioni; si finisce con le edizioni in tiratura limitata allestite da Maranello per festeggiare i settant’anni della Casa. A collegare questi due estremi, entro i quali si dipana l’avventura più entusiasmante del motorismo mondiale, una sessantina di fuoriserie e prototipi, tra cui la 166 Panoramica Zagato, l’incredibile 166 MM Spider Abarth, la 375 MM “Bergman”, la Dino 206 Berlinetta Competizione, la P6, la 275 P Michelotti, la 512 S Berlinetta Speciale,
la 3Z, la CR 25, la 308 GT Rainbow, la Pace Car PPG, la 408 4RM, la FZ93, la 612 Kappa, la Sergio e la J50, svelata a dicembre 2016 per celebrare i cinquant’anni del Cavallino in Giappone.

La presentazione del volume

In questo quinto volume siamo in dirittura d’arrivo degli speciali di Ruoteclassiche dedicati a “Il Meglio del Cavallino”, con cui abbiamo inteso festeggiare i 70 anni della Ferrari. Vi abbiamo guidato attraverso la storia delle vetture stradali e di quelle da competizione, vi abbiamo raccontato i protagonisti che hanno contribuito a creare la leggenda, vi abbiamo illustrato i dettagli tecnici dei modelli più importanti. Infine, è il turno delle Ferrari “Top Secret”: gli esemplari unici, le fuoriserie, i prototipi, le show car da Salone. Anche questa è una parte fondamentale della lunga cavalcata del Cavallino.

Questa carrellata di modelli (ne abbiamo selezionati una sessantina, ma altrettanti almeno sarebbero stati degni di comparire in queste pagine) parte dall’opera prima di Enzo Ferrari come costruttore indipendente: la 815, che non porta nemmeno il nome Ferrari, bensì quello più anonimo di Auto Avio Costruzioni, per le ben note clausole contrattuali di fine rapporto dopo il suo divorzio con l’Alfa Romeo avvenuto nel 1939. Prosegue con modelli mitici, che hanno fatto la storia dello stile, balzati tanti anni fa agli onori delle cronache anche per la fama dei loro proprietari (l’Avvocato Agnelli, Giannino Marzotto, Ingrid Bergman).

Col passare dei decenni si sono poi affermati da una parte la volontà di esplorare nuovi limiti (di stile o di prestazioni), dall’altra il prepotente, quasi sfrontato, desiderio di pochi “eletti” di possedere una Ferrari unica e inimitabile. Un sogno che la Ferrari ben volentieri ha tradotto in realtà, quasi sempre con l’ausilio dei maestri di Pininfarina e attraverso l’ingegno dei talenti degli uffici tecnici di Maranello. Infine, nell’età moderna, la nascita dei reparti Taylor-Made e Special Project, in grado di soddisfare (quasi) ogni sfizio. Un’opportunità che raggiunge l’apogeo proprio quest’anno, con il progetto “70 Icone di Stile”: 350 esemplari unici che reinterpretano, sulla base dei cinque modelli di serie del listino Ferrari attuale, settanta Ferrari famose del passato. È l’omaggio della Casa di Maranello al proprio illustre passato, ma anche ai suoi clienti speciali.

Non potevamo non chiudere il capitolo finale de “Il Meglio del Cavallino” con un’ultima pagina che è per noi la risposta più sincera e trasparente al piccolo “cahier de doléances” che alcuni attenti ed esperti lettori ci hanno inviato: ebbene sì, nelle quasi 700 pagine di quest’opera siamo talvolta incorsi in qualche disattenzione. Ringraziamo chi ce l’ha segnalata, facciamo ammenda e cerchiamo di rimediare ora, ristabilendo la verità.

Marco Di Pietro

Da "Il meglio del Cavallino", arrivano le Ferrari "Top secret"

RCL Cover Ferrari X REY

A Parco del Valentino si rivedono le speciali

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Tantissima tradizione e poche “storiche” presenti fisicamente alla terza edizione del Salone dell’Automobile-Parco Valentino di Torino (7-11 giugno). Si sono festeggiati i novant’anni della Volvo e i settanta della Ferrari. Allo stand dell’Automobile Club Torino, una mastodontica Fiat S61 Grand Prix del 1908: con un motore a 4 cilindri da 10 litri oltrepassava i 140 km/h. Molto più recente la Lancia 037 rivista dall’Italtecnica con il Politecnico torinese: le mancava la trazione integrale, hanno rimediato calettando alle ruote anteriori motori elettrici con recupero dell’energia in frenata, sitle Kers.

La Stola Moncenisio, su base Porsche Cayman, nell’edizione speciale Torino-Zuffenhausen dipinta da Ugo Nespolo ricordava le collaborazioni tra le due città, da cui nacquero la Cisitalia-Porsche 360 e le 356 elaborate da Carlo Abarth. Un nome noto a tutti gli appassionati del periodo è il nome di una bella creazione di Pininfarina, che ha lavorato con la tedesca HWA per la meccanica: è la Fittipaldi EF7, granturismo voluta all’ex campione di Formula 1 brasiliano. Accanto alla vettura reale, c’è anche la sua versione virtuale per il videogame gran Turismo, su Sony Playstation.

Ma se dobbiamo dare un premio al “coup de coeur”, questo va alla 350 GP Anniversario, con cui la Giannini festeggia il suo centenario. Come da tradizione Giannini, sotto sotto c’è un’utilitaria Fiat, quella 500 che questo mese compie i 10 anni dal lancio. Della 500 è rimasto il look, visto che il motore è un 1750 bialbero da 350 cavalli (di qui la sigla) e la ciclistica è completamente modificata per gestire coppia e potenza del mostruoso propulsore, con carreggiate allargate e cerchi da 19”. Il pianale è stato irrobustito e adattato a un telaio ausiliario che supporta tutta la meccanica. La trazione è posteriore e la carrozzeria in fibra di carbonio stampata in autoclave è biposto. La 350GP sarà prodotta in serie limitata con due livelli di potenza del motore: ci sarà anche un più tranquillo 220 CV.

Massimo Condolo

Peugeot 406 Coupé: ha 20 anni l’icona di Pininfarina

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La collaborazione tra Peugeot e Pininfarina iniziò nel 1955 con la 403 Berlina (che in versione Cabriolet accompagnerà fedelmente il Tenente Colombo nelle sue indagini). Da quel primo modello, il matrimonio tra i due brand dell’automobile è stato lungo e prolifico: 404, 204 berlina e station wagon, 504 coupé e cabriolet, 104, 604, 505, 305, 205 cabriolet, 306 cabriolet. E, infine, la 406, nata nel 1995 che due anni dopo si è trasformata, ancora grazie al carrozziere torinese, nella 406 Coupé. E’ stata quest’ultima il primo modello della partnership tra le due aziende, affidato interamente alla Pininfarina: design, engineering e produzione con meccanizzazione, delibera finale.

IL CONCETTO
La 406 Coupé si prefisse l’obbiettivo di ricreare, grazie a un importante cobranding, l’allure della 504 Coupé, uscita di produzione nell’ormai lontano 1983. Era necessario spingere la percezione del brand verso l’alto con un modello che riuscisse a creare una certa desiderabilità. L’intenzione traspare apertamente dalle scelte in materia di design. La Coupé, infatti, risultò completamente diversa rispetto alla 406 Berlina. Non è un caso che le sue linee avessero trovato chiara ispirazione in alcuni modelli creati da Pininfarina per Ferrari, 456 su tutte.

L’abitacolo, per compensibili economie di scala, riprendeva esattamente l’allestimento della versione berlina e si distingueva da quest’ultima solo nel computo dello spazio posteriore, inevitabilmente più sacrificato per l’andamento discendente del tetto e l’ingresso ai posti posteriori non agevole.

LA GAMMA
La Peugeot 406 Coupé debuttò sul mercato nella primavera del 1997 con due motori, espressione di due differenti tipologie di cliente: alla base un 2.0 da 135 Cv; in cima un 6 cilindri di 3 litri con 194 cavalli (a richiesta anche con ammortizzatori a controllo elettronico). Per entrambe erano disponibili un cambio meccanico a 5 marce o l’automatico a 4 rapporti.

Le due motorizzazioni erano disponibili con due allestimenti, “Base” e Plus, studiati per offrire la possibilità di creare un esemplare dalle caratteristiche senza dubbio “Premium”. Nell’allestimento, infatti, figuravano: sedili elettrici con memorie, climatizzatore automatico, sensore pioggia, impianto audio con 10 altoparlanti, airbag frontali, ABS e specchio con controllo cromatico. Dal 1999 fu disponibile anche il navigatore satellitare.

Nel 1999 la gamma ricevette un piccolo aggiornamento meccanico, con motori leggermente più potenti, e nel 2001 si unirono due nuove motorizzazioni: il 2.2 Turbodiesel HDI da 133 Cv e un nuovo 2.2 benzina da 158 Cv. Nel 2003, infine, un aggiornamento stilistico, concentrato in una diversa forma del fascione anteriore (ora più aggressivo).

Nel suo ciclo di vita si registra anche la presenza di alcune serie speciali numerate: nel 2000 la 406 Coupé Settant’anni, una versione celebrativa dei 70 anni di collaborazione tra Peugeot e Pininfarina (motore V6, cerchi in lega, Grigio Hadés con interno in cuoio brun Alezan oppure in Blue Hyperion con interno “bianco Settanta”) e nell’autunno del 2004 una “Ultima edizione” (2.000 esemplari), disponibile con il 2.2 e il 3.0 benzina o il 2.2 HDI, allestita per salutare la sua dipartita dai listini (quando la versione berlina e la station wagon della 406 erano già state pensionate da molti mesi). Nell’ottobre del 2004, dallo stabilimento Pininfarina di San Giorgio Canavese uscì l’ultimo esemplare, una Ultima Edizione in colore rosso.

LA PRODUZIONE, ANNO PER ANNO
1996: 80 esemplari di prelancio
1997: 11.078
1998: 24.261
1999: 17.511
2000: 15.552
2001: 17.364
2002: 10.475
2003: 7.386
2004: 3.926
Totale: 107.633

Alvise-Marco Seno

Weekend d’Eleganza Asi a Torino

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Il selciato dell’imponente Castello del Valentino ha infatti ospitato le trenta vetture storiche selezionate dall’Automotoclub Storico Italiano per la quarta edizione del suo concorso. Un’apparizione che anticipato le premiazioni finali, dopo che la giuria composta da nomi illustri del car design – come il decano Aldo Brovarone, Ercole Spada, Roberto Giolito (attuale responsabile di FCA Heritage), Lorenzo Ramaciotti e Dominik Fischlin (membro del comitato di selezione di Villa d’Este) – aveva esaminato le auto durante l’esposizione del sabato avvenuta nel parco della reale Palazzina di caccia di Stupinigi.

Insieme alla “Best of Show” sono stati assegnati i premi di categoria e altri titoli speciali alla miglior conservata (una Fiat 500 Garavini del 1939), al miglior restauro (Fiat 1500 Cabriolet Pininfarina del 1940) e un riconoscimento Asi alla Triumph Italia 2000 Vignale del 1959. Il parterre del Concorso Asi 2017 si è espresso in qualche esemplare di alto livello ma anche in qualche “deja vu”. È stato emozionante vedere per la prima volta su strada dopo il recente restauro la “spaziale” Bertone Runabout che fa parte della collezione rilevata dall’Asi.

A differenza delle passate edizioni, l’iniziativa era inserita tra i molteplici eventi che hanno animato il Salone dell’Auto. Difficile dire se tale coinvolgimento abbia giovato o meno alla kermesse dell’Automotoclub Storico Italiano. Da una parte, infatti, ha potuto godere di una vetrina alla quale si sono affacciate migliaia e migliaia di persone; dall’altra, però, ha rischiato di rimanere un po’ soffocata dalle altre attrazioni in programma nel bel parco torinese. L’Asi, poi, ha mantenuto il suo format di concorso “itinerante”, spostando le trenta vetture partecipanti in tre differenti location: dalla reale Palazzina di caccia di Stupinigi al Castello del Valentino, per concludere nei più intimi Giardini Lamarmora di fronte all’elegante Palazzo della Luce, nel quale si è svolto il pranzo finale del Concorso.

Anche questo, forse, ha reso l’evento un po’ dispersivo per il pubblico. I partecipanti, invece, hanno potuto vivere una due giorni nei luoghi più caratteristici della città sabauda, assaporando la vera eleganza che aveva contraddistinto il più antico concorso italiano per automobili: quello di Torino, infatti, si svolse per la prima volta nel 1923, anticipando di sei anni quello di Villa d’Este, oggi tra i più blasonati al mondo.

Testo e foto di Luca Gastaldi

Guida alla Vernasca Silver Flag

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Appuntamento da non perdere il 16-17-18 giugno: si tiene a Vernasca, in provincia di Piacenza, un appuntamento unico nel suo genere. Oltre alle vetture, infatti, il grande protagonista di questa manifestazione è il percorso: quasi nove chilometri di strade chiuse al traffico caratterizzate nella parte iniziale da un lungo rettilineo, e, successivamente da una arrampicata con 34 curve, in maggioranza tornanti, e con pendenze che arrivano anche al 10%.

Qui, intanto, l’elenco degli equipaggi iscritti: VSF2017EL

E trattandosi di vetture prevalentemente sportive non c’è bisogno di lavorare di fantasia per immaginare come queste curve saranno affrontate. Niente gara però: le tre manche in programma, due il sabato ed una la domenica, sono da affrontare con andatura allegra ma senza correre. Le classifiche saranno stilate solo in base alla rarità, alla storia sportiva ed all’originalità delle auto.

Lo spettacolo tuttavia è garantito anche dalla presenza di famosi campioni del volante come Teo Fabi, settantuno gran premi, campione del mondo prototipi, alla guida di una Elva sport; Arturo Merzario presente con la Alfa Romeo 33 Daytona di fine anni Sessanta; Miki Biasion al volante della Delta S4 che lo vide trionfare nel Rally di Argentina 1986, primo successo di una carriera coronata da due titoli iridati.

E poi collezionisti e appassionati da tutto il mondo presenti con vetture speciali come la Lancia Delta Integrale che disputò il Safari, la Fiat 131 Abarth ex Andruet; la Fiat x1/9 con cui corse Gino Macaluso, portata  condotta dal figlio Stefano;  la Bugatti con cui Malcolm Campbell vinse il GP Boulogne 1927; la Maserati 6CM ex Villoresi, o la Ferrari 212 che prese parte alla Mille Miglia e alla 24 Ore di Le Mans. E poi prototipi Sauber, Lola, March e Osella.

Sia il paddock di Castell’Arquato sia il tracciato sono liberamente accessibili al pubblico. Questo il programma e i consigli pratici per assistere alla manifestazione senza problemi.

VENERDÌ 16 GIUGNO 2017
15,00-17,00 Verifiche e distribuzione numeri
20,00 Aperitivo di benvenuto

SABATO 17 GIUGNO 2017
8,30 -10,00 Verifiche e distribuzione numeri
10,30 Briefing dei partecipanti
11,00 Prima salita Castell’Arquato-Lugagnano-Vernasca
13,00 Pranzo nei ristoranti di Castell’Arquato
15,30 Seconda salita Castell’Arquato-Lugagnano-Vernasca
17,15 Rinfresco di benvenuto
20,00 Cena di Gala nella piazza medioevale di Castell’Arquato

DOMENICA 18 GIUGNO 2017
10,30 Terza salita Castell’Arquato-Lugagnano-Vernasca
12,30 Buffet a Vernasca area della Antica Pieve
14,30 Premiazioni a Vernasca

IL PERCORSO
È quello che fino al 1972 venne utilizzato per la gara in salita Castell’Arquato-Lugagnano-Vernasca che si disputò per 17 edizioni dal 1953. Il tracciato, di circa 9 km,  è chiuso al traffico civile. La chiusura della strada interesserà il tratto della statale di Bardi dal semaforo di Castell’Arquato fino all’altezza del cimitero di Vernasca. Per chi volesse assistere al passaggio delle vetture lungo il percorso si consiglia di tenere presente che la chiusura dello stesso avverrà circa 30 minuti prima dell’inizio della sfilata.

Questi gli orari di chiusura:
Sabato 18 Giugno 2016
Mattina: chiusura  dalle ore 10,30 – inizio sfilata ore 11,00
Pomeriggio: chiusura dalle ore 15,00 – inizio sfilata ore 15,30
Domenica 19 Giugno 2016
Mattina: chiusura dalle ore 10,00 – inizio sfilata ore 10,30
Al termine delle due sfilate del sabato le vetture scenderanno a Castell’Arquato ancora in regime di strada chiusa.
Paddock
Tutte vetture della manifestazione verranno sistemate nei due paddock presenti a Castell’Arquato (Lungo Arda e Piazza Europa). L’ingresso per gli spettatori è libero fino alle ore 19,00 del venerdì e del sabato e nella mattina di domenica.
Il venerdì e il sabato, dalle ore 19,00, il paddock chiude.

Punti di interesse per seguire la manifestazione
Nel paddock, per ammirare le vetture e seguire tutte le fasi di preparazione.
Uno dei punti più spettacolari è la partenza, sostando dietro i new jersey predisposti lungo il rettilineo, le vetture procedono fino allo start dove vengono presentate dallo speaker ufficiale e quindi si lanciano lungo il rettilineo.
A Lugagnano sul “curvone” che si trova in centro paese.
Lungo i tornanti del tratto in salita, molto spettacolari e panoramici.

Parcheggio
Arrivando dall’Autostrada, uscita Fiorenzuola, a Castell’Arquato subito dopo il supermercato Conad a destra c’è il parcheggio per il pubblico, nell’eventualità ci fosse coda potete cominciare a parcheggiare in prossimità del supermercato.

G.M.

Guida alla Vernasca Silver Flag

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18062016_0002_©Antinori

La Leggenda di Bassano, al via quasi 90 barchette

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Il weekend del 22 – 25 giugno vedrà quasi 90 barchette impegnate nella Leggenda di Bassano, gara a calendario internazionale FIVA e ASI riservata unicamente a vetture Sport e barchetta costruite fino al 1960. La manifestazione, con partenza da Romano d’Ezzelino e arrivo a Bassano del Grappa, attraverserà Veneto, Trentino e Alto Adige spingendosi a nord fino a Vipiteno per poi scendere verso Est e attraversare la Val Badia, la Val di Fassa e l’Altopiano dei Sette Comuni.

L’elenco iscritti conta 88 automobili da competizione di tutte le epoche: dalla Alfa Romeo RL Targa Florio del 1924 alla Tornado Typhoon del ’59 sono rappresentati 32 marchi del mondo per 13 nazioni presenti. La caratura delle automobili è di prim’ordine: scorrendo l’ordine dei partecipanti si individuano ben sette Bentley, quattro esemplari di Alfa Romeo 6C 1750 GS e due 8C 2300, tre Ferrari (tra cui una 250 Testa Rossa), tre Maserati (due 300 S e due A6GCS/53 tra cui l’unico esemplare allestito con carrozzeria Scaglietti), una Cisitalia-Abarth 204, due Jaguar C-Type, una D-Type e la Jaguar Biondetti Special commissionata dal plurivincitore (4 successi) della Mille Miglia.

Tra le personalità presenti la Leggenda di Bassano vedrà anche Miki Biasion  con una Devin TR-Monza (il campione vicentino e brand ambassador del marchio di orologeria Eberhard & Co., il brand, che quest’anno festeggia 130 anni di storia, premierà l’equipaggio vincitore con due cronografi della collezione “Tazio Nuvolari”) e il Conte Paolo Marzotto.

IL PROGRAMMA E TUTTI I PASSAGGI

Giovedì 22 giugno. Verifiche tecniche presso Istituto Fatebenefratelli (Via Cà Cornaro n. 5) a Romano d’Ezzelino.

Venerdì 23 giugno. Partenza della prima vettura alle ore 12:30 da villa Cà Cornaro a Romano d’Ezzelino. Le vetture transiteranno per Valstagna, Cismon del Grappa, Borgo Valsugana, Levico Terme, Pergine Valsugana, Braselga di Piné, Lavis, Fai della Paganella, Caldaro, Fondo, Senale, Lana e giungeranno a Merano, conclusione della prima tappa. A partire dalle 17 le auto sfileranno lungo i portici e in Corso della Libertà.

Sabato 24 giugno. Ripartite da Merano (partenza dalle ore 8:30) le vetture saliranno al passo San Genesio per poi scendere a Bolzano (10:30) e risalire verso nord transitando per Sarentino, il Passo di Pennes e Vipiteno. Da qui verso Mules, Le Cave, Fortezza, Bressanone, Plancios e il Passo delle Erbe (ore 15). Quindi Corvara, Passo Campolongo, Passo Pordoi, il lago di Carezza, Obereggen e il Passo di Pampeago (aperto al transito per l’occasione).La tappa si concluderà a Cavalese (arrivo previsto prima vettura alle ore 17:30) dopo ben 300 chilometri di strade alpine.

Domenica 25 giugno. Dopo la partenza da Cavalese (dalle ore 8:30), le barchette ripasseranno per Braselga di Piné e Pergine Valsugana e prenderanno direzione Caldonazzo (ore 9:15) per salire sull’Altopiano dei Sette Comuni. Attraverseranno Asiago (dalle 10:30) e scenderanno nuovamente in pianura per tagliare il traguardo a Bassano del Grappa (in Piazza della Libertà dalle ore 11.30). Alle ore 12:15 partirà la prima vettura per il Trofeo Città di Bassano. Dopo pranzo sono previste le premiazioni.

Alvise-Marco Seno

La Leggenda di Bassano, al via quasi 90 barchette

Partenza-La-Leggenda-di-Bassano-2017

Vernasca Silver Flag, gioielli in Val d’Arda

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Il bello della Vernasca Silver Flag ha molteplici volti: a cominciare dal fatto che di rievocativo c’è solo il percorso dell’originale Castell’Arquato Vernasca. È una vera arrampicata, con 34 curve lungo 8 chilometri di tracciato ma senza correre per vincere (poiché alla fine le classifiche vengono stilate solo in base alla rarità, alla storia sportiva e all’originalità delle auto partecipanti); un parterre di oltre 200 vetture tra le più famose, preziose e significative della storia dell’automobilismo, da una Alfa Romeo Giulietta Berlina ai prototipi di Gruppo C degli anni 80; la magica cornice della Val d’Arda con le torri di Castell’Arquato e i bucolici paesaggi collinari; o l’atmosfera da festa campestre nella cornice di un evento internazionale a cui ormai qualsiasi collezionista avverte l’obbligo morale di esserci.

La ventiduesima edizione ha riproposto ancora – ma, si sa, formula che vince non si cambia e la continua affluenza di nuove vetture e la strenua presenza degli aficionados lo conferma – lo stesso programma: il venerdì in pista a Varano, sabato due arrampicate, una la domenica e chiusura sotto il tendone del castello di Vernasca con le premiazioni. Ed è stato, ancora una volta, un successo.

GLI HIGHLIGHTS DEL 2017
La differenza, come ogni anno accade, la fanno i partecipanti e le auto presenti. Quest’anno la Vernasca Silver Flag ha ospitato la Lancia Delta S4 ex ufficiale (vincitore Biasion in Argentina) e la Delta Integrale che disputò il Safari; la 131 Rally ex Andruet e la Fiat x1/9 Prototipo della collezione Macaluso; la Bugatti con cui Malcolm Campbell vinse il GP Boulogne del 1927, la Maserati 6CM ex Villoresi (che presto sarà pubblicata sulla versione cartacea di Ruoteclassiche), la Ferrari 212 che prese parte alla Mille Miglia e alla 24 Ore di Le Mans e la Ferrari 308 Carma guidata da Carlo Facetti in persona.

Ma anche la rara Alfa Romeo Giulietta Sprint Prototipo di Corrado Lopresto e un magnifico esemplare di Ferrari Daytona Competizione che se la giocava, in termini di mostruoso rombo di scarico, con un’altrettanto rara Iso Rivolta Grifo A3/C e una Porsche 910 (tutte e tre a pieni giri sui tornanti verso Vernasca); oppure una rara Fiat-Abarth 850 “Stradale” Coupé Zagato del 1960 (solo una del piccolo esercito di modelli – anche molto preziosi – che ogni anno creano alla Vernasca un “raduno nell’evento”); o, ancora, le improbabili (da queste parti) Studebaker Indianapolis del ’32, Sauber C6 dell’82 e Porsche 935.

I PREMIATI DELLA VERNASCA SILVER FLAG 2017

  • Miglior vettura conservata: Lancia Stratos (n. 80)
  • Miglior restauro (Trofeo ASI): Fiat 8V (n. 41)
  • Coys Trophy, Spirit of Motoring: Maserati 6CM (n. 187)
  • Premio Tag Heuer: Porsche 906 (n. 139)
  • Primo Premio Categoria Turismo: Ford Cortina Lotus (n. 5)
  • Primo Premio Categoria Gran Turismo: Ac Cobra (n. 62)
  • Primo Premio Categoria Sport: Cooper Monaco (n. 127)
  • Primo Premio Categoria Sport Prototipo: Alfa Romeo 33 (n. 149)
  • Primo Premio Categoria Sport 2.000 – Le regine delle Salite: Fiat-Abarth 2000 SP (n. 158)
  • Primo Premio Categoria Monoposto motore posteriore: Lotus 41 (n. 169)
  • Primo Premio Categoria Anteguerra: Riley Big Four Super (n. 196)
  • Premio Paolo Silva (vettura più rappresentativa della storia della Castell’Arquato – Vernasca): Tecno F850 (n. 171)
  • Premio Giuseppe Merosi (migliore Alfa Romeo): Alfa Romeo Giulietta SZ (n. 58)
  • Premio Fratelli Maserati (migliore Maserati o Osca): Maserati 6CM (n. 187)
  • Premio Circuito di Piacenza (migliore Ferrari): Ferrari 340 MM Barchetta Scaglietti (n. 113)
  • Premio Giuseppe Figoni Carrozziere (auto da corsa più elegante): Fiat 525 SS (n. 204)
  • Trofeo Registro Storico Fiat (migliore FIAT): Fiat-Abarth 131 Rally (n. 27)
  • Premio partecipante da più lontano: Lancia Delta S4 (n. 31)
  • Trofeo Paolo Lanati (soluzione tecnica più raffinata): Lancia Delta S4 (n. 31)
  • Premio Silvano Maggi (Ferrari più vittoriosa): Ferrari 857 Monza (n. 117)
  • Best of Show Anteguerra: Fiat 525 SS (n. 204)
  • Best of Show Post-guerra: Ferrari 275 GTB (n. 65)
  • Premio Job’s (soluzione più innovativa): Mini Cooper (n. 9)
  • Premio Abarth più importante: Fiat-Abarth X1/9 Prototipo (n. 99)
  • Premio speciale del Presidente: Lancia Aprilia Barchetta (n. 199)

Alvise-Marco Seno

McLaren F1, un motore “in prestito” per i proprietari

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Tra le supercar degli ultimi 30 anni, superata l’accelerazione cardiaca che porterebbe istantaneamente la maggior parte degli appassionati a volgere un pensiero alla Ferrari F40 o all’F50; e cercando di farsi violenza e attenuare il giudizio verso la Bugatti EB110 o la Porsche 959, probabilmente la più iconica di tutte è la McLaren F1. Inutili e scarse le parole di apprezzamento che possono essere spese per la supercar britannica, superlativa sotto tutti i punti di vista: tecnologia, rarità, successo sportivo. Oggi è un tesoro d’inestimabile valore collezionistico: ognuno dei 106 esemplari costruiti passa di mano se non a cifre enormi, comprensibili e giustificabili fino all’ultimo centesimo.

Capito l’altissimo livello di considerazione con cui è tenuta quest’automobile, qualsiasi iniziativa a suo vantaggio è assolutamente condivisibile, se non caldamente auspicabile. È il caso dell’ultimo servizio offerto da McLaren Automotive per la tre posti motorizzata BMW.

La Casa Madre, infatti, mette a disposizione dei proprietari un servizio di “prestito” del motore 12 cilindri di 6,1 litri. L’iniziativa si giustifica con la necessità di conservare e preservare al 100% ogni singolo bullone di questo prezioso oggetto. Laddove un’automobile è stata costruita per essere guidata, quindi, McLaren consente che i motori delle F1 siano oggetto di una scrupolosa attenzione.

Il proprietario che volesse, perciò, utilizzare con una certa regolarità la sua F1 ma, del resto, considerasse poco opportuno che il suo componente più prezioso venisse lentamente “consumato” dal troppo uso (o che questo portasse conseguenze negative in sede di vendita), può montare un motore – di ricambio – lasciando tranquillamente e comodamente in garage l’unità originale.

E’ noto, in proposito, quanto bene faccia al valore di un’automobile da collezione un chilometraggio contenuto. Nelle vendite all’incanto di oggi, infatti, sempre più spesso le vetture in condizioni pari al nuovo – qualità amplificata con pochi chilometri percorsi – riescono a produrre risultati d’asta ben oltre il loro valore medio.

IL MOTORE
Il V12 della McLaren F1 è stato sviluppato da BMW Motorsport. L’unità S70/2, direttamente derivata dalle competizioni – Formula 1 in particolare – consiste in un frazionamento a 12 cilindri (blocco in alluminio derivato da quello della BMW 850 CSI), con V aperta a 60°. Contraddistinta da misure di alesaggio e corsa di, rispettivamente, 86 e 87 mm, fornisce una cilindrata complessiva di 6064 cm³.

L’alimentazione è a iniezione elettronica TAG con due iniettori per cilindro e la distribuzione avviene mediante due alberi a camme in testa per ogni bancata, con 4 valvole per cilindro dotate di variatore sul lato aspirazione. Ogni bancata dispone di una pompa indipendente per la gestione del flusso di raffreddamento e la lubrificazione è a carter secco.

La potenza complessiva erogata è di oltre 620 CV a 7500 giri, con un valore massimo di coppia di 600 Nm tra 4000 e 7000 giri.

McLaren F1, un motore "in prestito" per i proprietari

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Émile Levassor, 120 anni di storia

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Émile nasce in Francia, a Marolles-en-Hurepoix, nel 1843, in una famiglia di coltivatori. I campi però non fanno per lui:  si laurea in ingegneria all’École Centrale di Parigi e comincia a lavorare nel 1872 nell’azienda siderurgica belga Cockerill. La svolta si ha con il trasferimento alla Perin-Panhard, una società che produce macchinari per lavorare il legno, dove conosce René Panhard, anche lui ingegnere. Con l’acquisto di quote dell’azienda da parte di Levassor e la successiva morte di Perin, l’impresa assume la denominazione di Panhard & Levassor.

Un anno dopo, nel 1887,  l’imprenditore Edouard Sarazin contatta Émile per la produzione di veicoli dotati di motori Daimler, dopo aver acquistato i diritti per la fabbricazione su licenza in Francia. L’incontro con Sarazin, che morirà pochi mesi dopo, sarà fondamentale nella vita di Levassor. Non solo ne conoscerà la vedova, Louise, che in seconde nozze diventerà sua moglie, ma firmerà un accordo di collaborazione con la Peugeot per la produzione di quadricicli con motori Daimler.

Sono gli anni dell’Esposizione Universale di Parigi, della scintillante elettricità, del progresso che affascina Levassor: il suo obiettivo è creare  veicoli semoventi e il suo primo progetto è un motore montato in posizione centrale, con sterzo a leva, con il guidatore e tre passeggeri seduti spalla a spalla. La prima Panhard & Levassor appare dai laboratori dell’Avenue d’Ivry, nei sobborghi sudorientali di Parigi, all’inizio del 1890.

Poi crea un modello con un motore anteriore, l’albero di trasmissione longitudinale, la trazione posteriore e il cambio a ingranaggi scorrevoli (tecnica quest’ultima che sarà usata per ben sessant’anni). È il sistema “Panhard”. Pochi esemplari vengono acquistati dalla Peugeot, gli altri portano il marchio Panhard & Levassor.

Nel 1894 si svolge la prima gara automobilistica, la Parigi-Rouen, e il risultato sorprende. Inizialmente Levassor raggiunge  la quinta posizione e Panhard la quarta. Il podio è invece composto da un veicolo a vapore De Dion Bouton (non del tutto rispettoso del regolamento) e due Peugeot con motori Panhard. Ma i giudici decidono di modificare radicalmente la classifica decretando vincitori ex aequo Peugeot e Panhard & Levassor.

Un trampolino di lancio per la competizione dell’anno successivo, la Parigi-Bordeaux-Parigi, in cui  Levassor arriva primo, ma viene poi squalificato per aver partecipato alla gara con una macchina non a quattro posti (come invece prevedeva il regolamento).

Nel 1896 porta a termine la stessa competizione nonostante un brutto incidente.  E poi arriva quel 14 aprile 1897. La storia del marchio Panhard & Levassor termina nel 1939, ma la produzione delle vetture Panhard continuerà fino al 1967. Mezzo secolo fa.

Elisa Latella

Passione Caracciola, partenza dalla Domus di Rozzano (video)

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È partita ufficialmente ieri dalla sede di Editoriale Domus la terza edizione di Passione Caracciola. La manifestazione interamente dedicata alla figura di Rudolf Caracciola (definito in molti modi: da “migliore pilota tedesco mai esistito prima dell’ascesa di Michael Schumacher” a “miglior pilota – secondo Alfred Neubauer, storico DS Mercedes – di tutti i tempi” a “personaggio forse più bravo anche dello stesso Nuvolari“) si articolerà tra Italia e Svizzera offrendo ai 58 equipaggi partecipanti (come 58 furono gli anni di vita dell’asso tedesco) un affascinante itinerario.

Tutta la manifestazione ruota intorno all’asso tedesco, la cui vita, le cui esperienze e la sua carriera rivivono, in qualche modo, in ogni istante dell’evento. Le vetture ammesse, fino al 1980, saranno suddivise in quattro categorie secondo l’epoca di produzione e prenderanno parte ad alcune prove di regolarità lungo il percorso.

Il tracciato non è mai lo stesso (traguardo finale a parte) ma cambia di anno in anno nel segno di Caracciola. A Passione Caracciola 2016 la partenza fu fissata a Zurigo (dove si tenne il circuito di Svizzera, gara vinta proprio da lui nel ’35 e nel ’37) e raggiunse Lugano. Quest’anno mantenendo fisso il traguardo nella città del canton Ticino (qui il pilota visse gli ultimi anni di vita), la partenza è stata fissata da Milano e farà tappa, nella giornata di oggi, sulla pista di Monza. Scelte, naturalmente, non casuali: “Caracciola era uno dei pochi piloti che, quando veniva a Monza per gareggiare, amava soggiornare in centro a Milano, in una pensioncina nell’area Rinascente-Galleria. Per questo abbiamo deciso di comprare una guglia del Duomo di Milano e dedicargliela. Per questo ci ritroveremo in piazza del Duomo“, ha detto Paolo Spalluto, deus ex-machina di Passione Caracciola. Il pilota, peraltro, nel 1932, in seguito al ritiro della Mercedes dalle competizioni, fu per qualche tempo ingaggiato dall’Alfa Romeo.

In una continua armonia tra rivisitazione storica e glamour le storiche raggiungeranno, nella serata di oggi, Sankt Moritz (qui Caracciola vinse una gara nel 1929 con una Mercedes SSK). Domani il percorso porterà nella stazione sciistica di Arosa (località scelta dal pilota per la villeggiatura e, nel 1934, per la convalescenza dopo un brutto incidente). Sabato 24, ultimo giorno della manifestazione, le vetture saliranno al passo del Lucomagno e scenderanno verso la meta finale di Lugano.

Alvise-Marco Seno

Motor Show di Bologna 2017: ancora più spazio all’Heritage

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Il Motor Show 2017 scalda i motori. A Milano è stata presentata l’iniziativa che, partendo dall’ottimo risultato del 2016, punta a portare a Bologna Fiere, nella prima decade del prossimo dicembre, un salone ancora più ricco con più sport, più autoshow, più competizioni, più acrobazie grazie alla collaborazione con partner di grande spessore:  ACI Sport, ANFIA, Autopromotec, Econometrica, UNRAE.

“Abbiamo alle spalle un successo, i risultati di un’edizione, quella del 2016, che ci motivano ancora di più, e che confermano che il Motor Show di Bologna è l’evento italiano di riferimento per il settore automotive. Ci aspettiamo per la nuova edizione, di avere ancora più visitatori ed espositori, per dare ancora più sostanza alla manifestazione. Il Motor Show continua ad essere un evento pensato per il pubblico con una formula coinvolgente, dove accanto all’auto show, ci sono le gare, i test drive, c’è l’heritage, l’informazione, la cultura e l’innovazione. Il Motor Show rappresenta il trait d’union tra il brand e il consumatore”. Sono le parole di Rino Drogo, Motor Show Director, nel presentare l’edizione 2017 del Salone bolognese.

Agli appassionati di auto storiche il Motor Show di Bologna 2017 promette ancora più contenuti rispetto all’edizione 2016. L’organizzazione sta lavorando all’evoluzione del padiglione Passione Classica, che ospiterà le auto provenienti dai più prestigiosi musei italiani, collezionisti privati, Club e registri di marca, ACI storico e ASI.

Tra le novità del 2017 ci sarà Passione Classica Mercato, un’area dedicata al commercio e alla compravendita di veicoli e ricambistica.

Oltre all’esibizione statica nell’area espositiva, le vetture classiche saranno protagoniste anche dal punto di vista dinamico nell’Area 48 Motul arena con le prove delle Formula 1 storiche e dell’Historic Challenge.

Alvise-Marco Seno

Jaguar Land Rover Classic Works: le classiche del Gruppo hanno la loro sede ufficiale

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Uno sguardo a Ruoteclassiche di luglio

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4 luglio 1957: dopo un’anteprima Roma nei giorni immediatamente antecedenti, viene presentata ufficialmente a Torino la Fiat Nuova 500, destinata a diventare un’icona del Made in Italy. La vetturetta che ha contribuito a motorizzare l’Italia e ha offerto, per la prima volta, quattro ruote a chi ne possedeva soltanto due, compie oggi sessant’anni. Per l’importante traguardo, Ruoteclassiche di luglio ha preparato una sorta di “Speciale” di oltre 30 pagine. AU 500 1 e SportIn sommario, tutto quanto può far accelerare i battiti degli appassionati di “Cinquino”: dal confronto tra uno dei primi esemplari del 1957 e una Sport del 1958 all’evoluzione del Fiat 500 Club Italia, il più grande sodalizio di modello al mondo, dalla singolare storia di una “F” del 1966 acquistata come prima vettura da un neopatentato, alla guida al restauro. E molto, molto altro. Il tutto collegato dal fil rouge di 60 pillole (una per anno) che ne racontano aneddoti e curiosità.

AU ALFA 6C 2300 1934La “Regina” del numero è una sontuosa Alfa Romeo 6C 2300 Gran Turismo Berlinetta Pinin Farina (1958), mentre tra le “Nate per correre” occhi puntati sulla BMW M3 Sport Evolution del 1992. La sezione “Auto” è completata poi dalle “Impressioni” di guida della Land Rover Velar e, nelle “Classiche domani”, dalla DS 3 Perfomance.

La stagione c’impone poi la copertura dei numerosissimi eventi che si susseguono lungo lo Stivale: tra manifestazioni, concorsi d’eleganza, gare e mostre tematiche, siamo stati – in qualità di pubblico o di partecipanti – alla Silver Flag, alla Modena 100 Ore, alla Piombino-Livorno, al Giro di Sicilia, al Rallye des Princesses, l’Asimotoshow, al Bergamo Historic Gran Prix e ai Musei Ferrari di Maranello e Mazda, in Germania.

0343_FT VILLA ESTETutto da gustare l’articolo che risponde alla domanda: “quali sono i criteri che guidano i voti dei giudici in un concorso d’eleganza di caratura internazionale come quello di Villa d’Este?”. Lo abbiamo chiesto al presidente della giuria 2017, Lorenzo Ramaciotti (in più, ovvimante, tutti i risultati del contest appena conclusosi).

La nostra settima “Copertina d’autore”, con relativa intervista di 4 pagine (in attesa di quella video, a breve sul nostro sito e sulle nostre pagine social), è dedicata a Roberto Giolito, capo di FCA Heritage. La “Burocrazia” si occupa in questo numero di orgine sconosciuta o provenienza estera; le “Aste” delle vendite a Villa Erba e a Firenze (l’Archivio Fiamma Breschi). Nel nostro “Flashback” omaggiamo Tom Tjaarda, appena scomparso, e sul quale ritorneremo ad agosto con un ricordo più articolato…

Buona lettura!

Uno sguardo a Ruoteclassiche di luglio

AU 500 1 e Sport
0343_FT VILLA ESTE
AU ALFA 6C 2300 1934

Alfa Revival Cup, Ruoteclassiche si scatena a Monza

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Lo ammetto: quando mi propongono di fare una gara con un’Alfa Romeo, non sono capace di dire di no. Sarà un discorso affettivo, sarà perché il marchio rappresenta bene quella che è anche la mia concezione della pura passione di guidare e di fare le corse. E quindi eccomi qua, a Monza, all’Alfa Revival Cup, organizzato dalla GPS Classic: è la mia terza gara con una vettura storica del Biscione, nello specifico una Giulietta Sprint Veloce della Scuderia del Portello, che condivido con il collega Eugenio Mosca. La categoria è la E-GTS1300.

PRIMA LA POSIZIONE DI GUIDA
Ai box prendo le misure con la Giulietta Sprint Veloce, che in versione corsa non ho mai guidato, pur nei miei dieci anni trascorsi a Ruoteclassiche. I meccanici sono Alberto, che segue il “Portello” da quando la Scuderia è nata, e Giorgio, entrambi li avevo già conosciuti, sono molti esperti. Verifichiamo il sedile, la posizione di guida. Una bella mano arriva dalla possibilità di regolare il sedile longitudinalmente: non è poco, perché il piantone, infatti, è fisso. Così posso sistemarmi piuttosto bene, con la leva del cambio a cloche che resta “infulcrata” abbastanza in avanti. Certo, fresco reduce dalla gara con le moderne, con la Renault Clio Cup a Brno, qui devo resettare tutto.

Niente data logger, niente paddle, qui c’è una strumentazione analogica d’epoca, con contagiri piccolo, solo un paio di indicatori aggiuntivi al centro, che segnalano il livello carburante e la temperatura dell’acqua (importantissima). Alberto mi dice subito: “Quando vedi la lancetta dell’acqua che fila verso i 90 gradi, accendi l’interruttore della ventola, sulla sinistra del volante”. Anche perché, qui a Monza, il piccolo 4 cilindri 1300 a due carburatori, preparato dal famoso Baggioli, gira alto, oltre i 7000 giri sui lunghi rettilinei monzesi, e le marce sono solo quattro, rapportate corte. I cavalli, però, non sono affatto pochi in rapporto alla cilindrata, e dovrebbero essere attorno ai 120. In fondo, quindi, mi trovo bene al volante della Giulietta Sprint Veloce, con il conforto, quando sono in pista, di un piccolo vetro scorrevole di plexiglas per avere un po’ d’aria “fresca”. Si fa per dire: le temperature del weekend, infatti, sono davvero equatoriali.

La Giulietta SV è un esemplare prodotto nel 1959 e preparato con specifiche 1961. Ha la famosa livrea della “Carrera panamericana”, che ha disputato nel 1990 e nel 2002. È proprio una bella macchina, e al “Portello” ne vanno giustamente orgogliosi. Sento che ho una certa responsabilità, nel portarla in pista.

PRIMO ASSAGGIO IN PISTA
Nelle prime libere, che disputo da solo, cerco solo di ritararmi con la vettura. E di riportarmi sul “settaggio” delle storiche. Non è tutto così semplice, ma le sensazioni sono “piene”, veraci, con tante vibrazioni e il suono, pieno dell’1.3 che gira come un violino.

Serve subito la doppietta per innestare la seconda alla Prima Variante. La frizione stacca subito, ma si riesce a modulare bene, anche in partenza dalla corsia box. Subito in staccata sento che una delle manovre cui dovrò prestare maggiore attenzione è il dosaggio del freno. Ci sono quattro tamburi, infatti, e il pedale ha una corsa abbastanza lunga. La regola è, dopo un paio di giri esplorativi, arrivare sul dritto dopo i box e sui 200 metri dare un primo colpo di freno, rilasciare il pedale e poi premere di nuovo, quasi “pompando”, aiutandosi, gradatamente col cambio, passando dalla quarta alla seconda. Sembra tutto ok poi, in uscita dalla variante vado sul gas un po’ “cattivello”, le ruote posteriori, di sezione stretta, pattinano – non c’è differenziale autobloccante – e quindi devo correggere, perdendo tempo. Primo avviso. Il secondo arriva alla Prima di Lesmo, dove a metà curva, già in uscita mi parte un po’ la coda: effetto inatteso, ma divertente e, soprattutto, progressivo e gestibile. Anche alla Parabolica, dopo che ho dato gas al punto prestabilito all’altezza della torretta dei commissari, si entra in un continuo e progressivo sovrasterzo, man mano che mi allargo verso l’esterno della curva e che i giri salgono, dai 5000 ai 7000. Sul dritto subito quarta e occhio ai piccoli retrovisori: le Alfa GTV e GTAm sembrano (sono) razzi sul dritto e non bisogna né stuzzicarle, né tantomeno ostacolarle. Faccio cenno a qualcuno dove passare, ma loro sono già lì…

Beh, alla fine della sessione sono davvero pochi i giri “puliti”, senza aver dovuto lasciar passare qualcuno. Non conosco i tempi, ma so bene che posso migliorare un po’ ovunque, anche e soprattutto alla Variante della Roggia. Beh, avrò tempo di rimuginarci su prima delle qualifiche e soprattutto della gara, che sarà di un’ora con cambio di pilota. Potrete leggere tutto sul prossimo numero di Ruoteclassche.

Da Monza, Andrea Stassano

Trent’anni di Alfa Romeo 164, Arese in festa

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Evento clou della giornata la conferenza – “alla presenza” dalla 3.0 V6 del Museo, tra le primissime costruite – durante la quale hanno preso la parola alcuni degli uomini che trenta e più anni fa hanno contribuito a dare forma alla 164. Attraverso i loro ricordi e aneddoti hanno raccontato la storia di una vettura che, nonostante la trazione anteriore, la meccanica trasversale e il pianale Tipo 4 condiviso – secondo i piani industriali dell’epoca – con Lancia, Fiat e Saab, ha tutto il carattere e il rigore di una Alfa Romeo del periodo “classico”.

Enrico Fumia
, la mano dietro alle forma della berlina, è stato il vero mattatore dell’incontro. Con il suo piglio arguto e sempre provocatorio ha detto che nulla è casuale nel design e lo stile di questa vettura. Stile che ruota intorno a tre elementi fondamentali: il “solco” che corre lungo le fiancate, la fanaleria posteriore a “fascia” orizzontale – una vera e propria novità che avrebbe caratterizzato in maniera netta anche le Alfa Romeo successive – e il ritorno di uno scudetto “scolpito” con il tema classico del trilobo rivisitato in chiave moderna.

Dopo di lui ha preso la parola Aldo Regioni, che ha seguito la genesi motoristica della 164: “Nel 2.0 Twin Spark di questa vettura – ha detto – convergono tutte le esperienze del bialbero dalla Giulietta 1,3 degli anni 50 in poi che a sua volta, ai tempi, era la sintesi di tutte le conoscenze Alfa Romeo dell’epoca”. Nicola D’Amico, motorista in sala prova, ha invece raccontato come il risultato della 164 sia stato una sorpresa positiva per tutti: “Il motore trasversale ad Arese non si era mai visto, eppure i nostri tecnici sono riusciti a fare un gran lavoro”.

Infine i collaudatori: Giorgio Langella, Giuseppe Casiraghi e Sebastiano Caprì hanno raccontato le loro peripezie al volante dei prototipi della nuova berlina, milioni di chilometri macinati tra Europa, Africa e Stati Uniti con temperature che andavano dai meno 50 a più 40 gradi. Storie da film, come quelle di Casiraghi in Marocco: “Avevamo sei vetture leggermente camuffate: ci fermavano perché pensavano che dietro al polistirolo che mascherava le vetture ci fosse la droga”. Langella, invece, ha ricordato la prima volta che si trovò di fronte a un esemplare dall’aspetto definitivo: “Dissi ad alta voce che lo scudo davanti mi sembrava un po’ troppo importante. ‘Abbiamo pensato che quando in autostrada uno guarda lo specchietto retrovisore e vede un’auto che arriva da dietro più veloce di lui, se percepisce che è un’Alfa Romeo si sposta più volentieri’, mi risposero”. Caprì, infine, ha descritto la severità con cui venivano collaudate le Alfa a quel tempo: “Per deliberare i gruppi meccanici, a Balocco facevamo 80.000 cicli, ossia 80.000 cambiate, giorno e notte, senza sosta: se qualcosa si rompeva, si cambiava il particolare montandone uno modificato, e si ripartiva da zero. Giravamo su un circuito di 2400 metri e c’era una tabellina di tempi da rispettare in base ai modelli e alla cilindrate: avevamo solo un secondo di margine in più o in meno. Nessuna altra casa faceva una cosa del genere”.

La giornata si è conclusa con un due giri di tutte le vetture in parata delle vettura sulla pista adiacente al Museo.

A.B.

 


La Leggenda di Bassano 2017: 20 anni di barchette storiche tra le Dolomiti

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Andrea Giacoppo e Daniela Grillone Tecioiu su Fiat 508 S Coppa d’Oro del 1933 hanno vinto l’edizione 2017 de La Leggenda di Bassano – Trofeo Giannino Marzotto dopo un intenso weekend tra le Dolomiti in uno scenario multiclimatico: dal caldo torrido alla grandine delle vallate alpine.

La formula della manifestazione, unica al mondo poiché aperta esclusivamente a vetture Sport-Barchetta da competizione costruite fino al 1960, ha abolito l’uso della capote per un intero fine settimana e, di fatto, aperto gli abitacoli delle spider alle intemperanze del clima alpino, obbligando gli 85 equipaggi (provenienti da tutto il mondo) a sfidare alte temperature, freddo e acqua.

“Nonostante le altissime temperature della prima giornata, nonostante la grandine sul Pordoi, nonostante il diluvio della prima parte dell’ultima tappa – ha detto Stefano Chiminelli, Presidente del Circolo Veneto Automoto d’Epoca «Giannino Marzotto» – anche quest’anno tutti i piloti si sono dimostrati ‘Leggendari’, affrontando i passi dolomitici con quello spirito di grande entusiasmo, tenacia ed amicizia che da sempre contraddistingue questa manifestazione”.

Partite da villa Cà Cornaro a Romano d’Ezzelino, alle porte di Bassano del Grappa (VI), le storiche hanno affrontato la prima tappa di venerdì 23 giugno lungo la Val Brenta fino a Merano a conclusione di 200 chilometri di percorso. Il secondo giorno il tracciato più lungo, 300 chilometri di strade di montagna con i ripidi valichi delle Dolomiti (come il terrificante Pordoi) e la grandine, fino al traguardo parziale di Cavalese.

Domenica 25 giugno le storiche sono salite sull’Altopiano dei Sette Comuni sotto un clima inclemente e sono ridiscese a valle fino a Bassano del Grappa per il gran finale in Piazza Libertà e l’ultima prova, il Trofeo Città di Bassano.

CLASSIFICA FINALE
L’abilità di cronometro e la regolarità di guida hanno infine premiato l’equipaggio Giacoppo/Grillone Tecioiu su Fiat 508 S Coppa d’Oro del 1933. Ai vincitori anche due cronografi Tazio Nuvolari della maison Eberhard & Co. Al secondo posto assoluto Gino e Andrea Perbellini sull’unica Jaguar-Biondetti Special del 1950 e, sul gradino più basso del podio, Flavio Gandolfi e Anna Morocutti su Siata Daina Gran Sport del 1952.

GLI ALTRI PREMI ASSEGNATI
Trofeo Città di Bassano
. Giulio Olivini/Giulio Bettoni su Arnolt Bristol Bolide del 1954.
Trofeo Maria Teresa de Filippis – Miglior equipaggio femminile. 1° Maria Fernandez/Maria I. Villasenore su Allard J2X del 1952.
Trofeo Fiat. Mauro Manente/Claudio Di Chiara su Fiat 1100 Sport del 1947.
Trofeo Abarth. Bart Van der Weiden/Dian Van der Weiden su Abarth 204 Sport del 1950.
Trofeo Bentley. Ralf Pickel/Daniela Templin su Bentley 4¼ Litre del 1937.
Trofeo Alfa Romeo. Venanzioro Fonte/Robert Nardella su Alfa Romeo RL Targa Florio del 1924.
Trofeo Drivers Choice – L’auto più leggendaria secondo i partecipanti. Frans Van Haren/Helena Leonie Hendriks su Alfa Romeo 8C 2900 A “Botticella” del 1936.
Trofeo Pakelo Heroes. Josè M. Fernandez/Montse Andrade su Maserati 300 S del 1956.
Trofeo VIP – Auto accompagnatori. Aldo Bonomi/Angelo Simonelli su Lancia Aurelia B24 S del 1955.
Trofeo Ferrari. Juan Quintano/William Jely su Ferrari 166 Touring del 1949
Trofeo “20 anni di Leggenda”. Giorgio Bandini su Lancia Ardea Sport del 1950.
Trofeo Museo Bonfanti – Vimar. Tara Hore/Joe Macari su Ferrari 250 Testa Rossa del 1958.
Memorial Ostinet. Juan Alberto Molinari/Ivonne Stoisa su AC Ace Bristol Roadster del 1957.
Premio Registro Italiano Alfa Romeo. Luigi Cippitelli/Pietro Troia su Alfa Romeo 6C 1750 SS Zagato del 1929.

Alvise-Marco Seno

Goodwood Festival of Speed, weekend a tutta potenza!

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Il tema 2017 del Festival, “Punte massime di performance” (“Peaks of Performance – Motorsport’s Game Changers”), promette ancora più del solito: i protagonisti della “hill climb” saranno bolidi estremi, mostri della velocità talmente potenti che hanno reso nessario cambiare le regole delle competizioni cui hanno preso parte in passato. Dalle auto da Gran Premio anni Trenta a quelle a effetto suolo, come la Lancia LC 2 del 1983, passando per le belve da rally gruppo B e le macchine con motore turbo compresso. Alcuni esempi? La Deelage 15 S8, la Mercedes-Benz W125, la Honda RC166 50cc, la Lancia Delta S4, la MG Metro 8R4, la Ferrari 300 P4, la Penske PC23 e la Zakspeed Capri. Tutti esemplari che hanno lasciato un segno indelebile nella storia delle gare automobilistiche del pianeta.

Fra la miriade di top driver e stelle del motorismo internazionale che saranno presenti, spiccano l’attuale campione mondiale di Formula 1 Nico Rosberg, su Mercedes F1 W05 Hybrid, e i campioni Sir Jackie Stewart, Emerson Fittipaldi, Damon Hill, Alan Jones e Mika Häkkinen. Per la prima volta sarà al Festival anche l’ex driver di Formula 1 Robert Kubica.

Con la sua IGM-Ford affronterà la gara di velocità in salita, fra gli altri, il progettista Brabham e McLaren Gordon Murray, mentre Tom Kristensen, il campione della 24 ore di Le Mans con il maggior numero di vittorie, sarà alla guida della sua Audi R8 2000. E, naturalmente, non mancheranno Nick Mason, il batterista dei Pink Floyd – affezionato habitué del FoS – e la sua spettacolare Ferrari 250 GTO.

Altri vip? Mr. Bean, oh yes, ovvero l’attore british Rowan Atkinson: non correrà ma farà parte della giuria di Cartier. Dove? Al Cartier “Style et Luxe”, il concorso d’eleganza che da vent’anni è ormai parte inscindibile del “Festival of Speed”. In parata si vedranno una cinquantina di oldtimer rare ed esotiche tra le più ricercate.

Fra le anteguerra saranno comprese anche alcune Stanley, esemplari della famosa marca di automobili a vapore fondata negli Stati Uniti 120 anni fa. Ma gli anniversari non sono finiti, ne verranno celebrati ancora due, entrambi italiani: un’esposizione di Gran Turismo Maserati ricorderà il 60° anno della leggendaria 3500 GT e uno spazio verrà dedicato anche alla Fiat 500, apparsa per la prima volta nel 1957.

E può, il “Festival della Velocità”, dimenticarsi di festeggiare i settant’anni del Cavallino Rampante? Ovviamente la risposta è no, e Lord March, patron della manifestazione, per primo sarà alla guida di una Ferrari. Poi, la rassegna di capolavori made in Maranello che sorprenderà i 210mila visitatori attesi quest’anno sarà assolutamente in pompa magna, con 25 monoposto iconiche e tante stradali. Un’altra mostra importante, con auto e moto storiche, vedrà protagonista il circuito di Brooklands, il primo costruito per gare automobilistiche al mondo, di cui ricorrono 110 anni dall’apertura.

Giovedì 29, intanto, a Goodwood è previsto il consueto Moving Motor Show, così chiamato perché le case automobilistiche presenti consentono di provare i loro ultimi modelli ai potenziali acquirenti.

Per informazioni: www.goodwood.com

Laura Ferriccioli

Monza Historic, in pista le più belle (e preziose) storiche da corsa

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Dopo l’edizione del 2015 ritorna sul circuito brianzolo la Monza Historic, appuntamento del calendario di manifestazioni 2017 organizzato da Peter Auto che esplora tutte le formule del divertimento con l’auto storica (regolarità su strada, Eleganza e pista).

Le griglie che si sfideranno in pista sono organizzate secondo sette categorie competitive secondo l’epoca di produzione: Sixties’ Endurance, Formula Junior, Classic Endurance Racing 1, Classic Endurance Racing 2, Trofeo Nastro Rosso, Heritage Touring Cup, Euro F2 Classic.

I RAGGRUPPAMENTI IN GARA

Classic Endurance Racing 1 e 2. Ferrari, Porsche, Chevron, BMW, Lola, Lotus, De Tomaso, McLaren, BMW, Osella, March, Toj degli Anni 60 e 70, fino al 1981.

Sixties’ Endurance. E’ animata da vetture sportive ante-63 e Gran Turismo ante-66 che hanno corso i campionati del periodo. Corrono marchi del calibro di Ferrari, Jaguar, Shelby Cobra, Morgan, Porsche, Austin Healey.

Heritage Touring Club. Vetture turismo che hanno corso il Campionato Europeo dal 1966 al 1984.

Trofeo Nastro Rosso. Nato nel 2010 sulle ceneri dell Historic Challenge Ferrari e Maserati ha iniziato a svolgersi solo con vetture di Maranello e del Tridente ma si è successivamente aperto a tutti i marchi.

Group C Racing. Propone automobili del Gruppo C costruite tra il 1982 e il 1994. Jaguar, Mercedes-Benz, Toyota, Nissan, Peugeot e Jaguar, Mazda e, naturalmente, le Porsche 956 e 962 riportano in auge storici duelli.

Euro F2 Classic. Nuova categoria inaugurata nel 2017 (la prima prova si è svolta in maggio in occasione della Spa Classic 2017), è aperta alle auto che parteciparono ai Campionati europei di Formula 2 fra il 1967 e il 1978. La griglia è completata da vetture Formula B e Formula Atlantic.

FIA Formula Junior che raggruppa le vetture della categoria creata a fine Anni Cinquanta dal Conte Giovanni Lurani: Cooper, Lotus, Wainer, Lola, Stanguellini, ecc., che costituirono base di lancio per tanti campioni del passato

IL PROGRAMMA DEL WEEKEND

Venerdì 30 giugno
9 – 9:40, Sixties’ Endurance: Prove Libere
9:55 – 10:25, Classic Endurance Racing 2: Prove Libere
10:40 – 11:20, Trofeo Nastro Rosso: Prove Libere
11:35 – 12:05, Heritage Touring Cup: Prove Libere
12:20 – 12:40, Euro F2 Classic
13:50 – 14:20, Classic Endurance Racing 1: Prove Libere
14:40 – 15:05, Formula Junior: Qualifiche
15:25 – 16:10, Group C Racing: Qualifiche
16:30 – 17:10, Sixties’ Endurance: Qualifiche
17:30 – 18:00, Classic Endurance Racing 2: Qualifiche
18:20 – 19:00, Trofeo Nastro Rosso: Qualifiche

Sabato 1 luglio
9:00 – 9:40, Heritage Touring Cup: Qualifiche
9:55 – 10:15, Euro F2 Classic: Qualifiche
10:30 – 11:15, Group C Racing: Qualifiche
11:35 – 12:00, Formula Junior: GARA 1
12:15 – 12:45, Classic Endurance Racing: Qualifiche
13:00 – 13:20, sessioni CLUB
13:35 – 14:05, Classic Endurance Racing 2: Qualifiche
14:25 – 15:00, Trofeo Nastro Rosso: GARA 1
15:20 – 16:05, Group C Racing: GARA 1
16:25 – 18:25, Sixties’ Racing: GARA
18:40 – 19:00, sessioni CLUB

Domenica 2 luglio
9:00 – 9:20, Euro F2 Classic: GARA 1
9:35 – 10:10, Trofeo Nastro Rosso: GARA 2
10:25 – 10:55, Classic Endurance Racing: Qualifiche
11:05 – 11:30, sessioni Club
11:45 – 12:45, Heritage Touring Cup: GARA
13:00 – 13:25, Formula Junior, GARA 2
13:40 – 14:40, Classic Endurance Racing 2: GARA
14:55 – 15:15, Euro F2 Classic: GARA 2
15:30 – 16:30, Classic Endurance Racing 1: GARA
16:45 – 17:30, Group C Racing: GARA 2
17:40 – 18:00, sessioni CLUB

Alvise-Marco Seno

Addio a Paolo Villaggio: il Rag. Fantozzi creò (o distrusse?) il mito della Bianchina

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I contorni della figura del rag. Fantozzi e del suo ambiente, la cosiddetta “Società di Fantozzi“, appaiono in tutta loro straordinaria e grottesca drammaticità nei primi minuti del primo film, Fantozzi del 1975. Questi, impiegato della ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica, rimane murato vivo in una toilette dell’azienda e salvato dopo 18 giorni (non per iniziativa dei colleghi che si preoccupano della sua assenza ma della moglie “rispettosamente in pensiero“).

Il quadro si completa nella scene successive con l’apparizione, per la prima volta, dell’automobile del rag. Fantozzi. Nella società italiana, si sa, l’automobile è elemento fondamentale della vita quotidiana (del resto, con 62,4 auto ogni 100 abitanti, siamo primi in Europa per tasso di motorizzazione, dati di maggio 2017). L’automobile più consona del rag. Fantozzi è dunque una Autobianchi Bianchina.

All’epoca il suo ciclo di vita è già concluso da tempo (entrata in commercio nel ’57, rimane in listino fino al 1969) dunque è perfetto il suo ruolo di vettura usata sgangherata e di poche pretese. Non a caso in quell’unica scena in cui è protagonista, al termine delle esequie della madre del Megadirettore Naturale Conte Lamberti (“immaturamente scomparsa all’età di 126 anni”), la sig.na Silvani, tragico amore del Rag. Fantozzi totalmente non corrisposto, la definisce senza mezzi termini “una baracca“.

Niente, in realtà, di più denigratorio all’indirizzo dell’utilitaria italiana, considerata nella sua epoca una vettura di livello molto più elevato rispetto alla contemporanea Fiat 500. La saga di Fantozzi, quindi, ha risparmiato al 100% il mito della piccola utilitaria torinese ma ha, forse ingiustamente, nociuto a quello della Bianchina. Ma tant’è. La piccola vetturetta, nei film del rag. Fantozzi, ne subirà di ogni: frontale contro un palo, distrutta da una lavatrice che la centra in pieno la notte di capodanno, trattata come un’autoscontro mentre il rag. Fantozzi tenta di tornare a casa dopo una notte di straordinari, precipitata in acqua durante la fuga d’amore di Fantozzi e la Silvani sull’isola di Capri, schiacciata come la farcitura di un sandwich per la conquista di un parcheggio.

UN MITO CHE NON SI DISTRUSSE
Nonostante l’inglorioso trattamento che le è stato riservato (si racconta che per le riprese ne furono distrutte oltre venti) il mito della Bianchina è sopravvissuto fino a oggi epurandosi di quella negatività e della ridicolaggine in cui è stata calata. A questo certamente potrebbero aver contribuito anche altre apparizioni in un ruolo molto più dignitoso: in Thrilling con Alberto Sordi, in Come rubare un milione di dollari e vivere felici con Audrey Hepburn e in La Pantera Rosa con Peter Sellers.

L’AUTOBIANCHI BIANCHINA
Nata dall’accordo tra la Fiat, la Pirelli e la Bianchi (quindi tra Gianni Agnelli, Leopoldo Pirelli e Giuseppe Bianchi), l’Autobianchi Bianchina fu progettata da Dante Giacosa e stilizzata da Luigi Fabio Rapi, presentata nel settembre del ’57 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano (già con tetto apribile che le vale il nome di Trasformabile), esplorava la possibilità di proporre al mercato quella che oggi chiameremmo una “utilitaria” Premium.

Come arrivò a dire lo stesso Gianni Canestrini – uno degli inventori della Mille Miglia – una volta affermò che “La Bianchina è l’auto della festa, la 500 quella dei giorni di lavoro“. Motorizzata con il bicicilindrico della 500 (le meccaniche arrivavano da Torino nello stabilimento Autobianchi di Desio), si differenziava rispetto a questa per lo stile alquanto americaneggiante e le migliori finiture. La gamma si ampliò presto  (1960) alla versione Cabriolet, la station wagon (“Panoramica”) e la 4 posti.

Fino al 1969 ne sono state costruite oltre 320.000.

Alvise-Marco Seno

 

Goodwood Festival of Speed, festa di prestazioni

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Il tutto scalzando per poco Jeremy Smith, l’uomo della belva Penske PC 23, nel classico percorso di quasi 2 km in salita che ha visto sfidarsi, come ogni anno, i migliori piloti del mondo. Come Nico Rosberg che, presente per la prima volta al Festival in veste di campione del mondo di Formula 1, ha confidato di essere emozionantissimo nonostante sia ormai un habitué della kermesse.

Le categorie di questa venticinquesima edizione, riunite nel tema di “Peaks of Performance, Motorsport’s game changers”, erano da brivido: auto da Gran Premio anni Trenta, da rally Gruppo B, a effetto suolo e con motore turbo compresso. L’Italia ha partecipato con due Alfa Romeo del 1970 – 1750 GT Am (1970) e 33.3 litri Le Mans -, con la 155 V6 Ti DTM del 1993, la Fiat 131 Abarth Rally Gr. 4 (1976), la Lancia LC2 del 1983, la Lancia Delta HF Integrale 16V Gruppo A del 1989 e la Brabham BT45-Alfa Romeo del 1977. E naturalmente c’erano le Ferrari, tantissime, tra le più amate e prestigiose della storia.

Più volte nell’arco delle tre giornate del Festival è stato festeggiato il settantesimo compleanno del Cavallino Rampante; anche “up on the hill” le rosse del passato Made in Maranello riunite per l’occasione erano 42, tra monoposto e sportive. Regina assoluta, la spettacolare P3/4 4.0 V12 vincitrice della 24 Ore di Daytona nel ’67. Altro esemplare mozzafiato, la 125 S 1.5 V12 del ’47 che ha vinto il Gran Premio Reale di Roma con Franco Cortese. Fra le tre 250 GTO, ha incantato tutti quella leggendaria del batterista dei Pink Floyd, Nick Mason, da sempre grande appassionato di Ferrari e Maserati e, in questa occasione, anche giudice al concorso d’eleganza del FoS, il Cartier “Style et Luxe”. Già soltanto il prato dell’esposizione, accanto a una delle magioni nella tenuta del conte Lord March, nel West Sussex, sarebbe valso la visita al Festival per il parterre eccezionale di pezzi unici presenti.

Anche qui l’Italia è stata protagonista, e non solo con prodotti di grande rarità e ricercatezza ma anche con alcune realizzazioni di grandissimo rilievo a cura dei nostri più famosi designer e carrozzieri. Come la Aston Martin DB2/4 Arnolt Bertone Spyder del ’53 e la DB4 GT Zagato del 1961, solo per citarne un paio. Senza contare che uno dei capolavori più ammirati, nonché visto per la prima volta da vicino in Gran Bretagna, è stata la “Shark Nose”, Ferrari 250 GT SWB Bertone del 1962, disegnata da Giorgetto Giugiaro.

Altri eventi nell’evento – che quest’anno ha reso omaggio alla figura di Bernie Ecclestone e non a una casa automobilistica come di consueto – sono stati poi l’asta di Bonhams, che ha avuto anche una lunghissima sessione di automobilia con vendite importanti, e il rally nella foresta, che ha visto alcune new-entry fra cui l’Aston Martin Vantage V8 GT4 e star diver come Rauno Aaltonen, Bron Burrell e Jeff Williamson.
Il giorno prima del Festival, giovedì 29 giugno, ha aperto le danze come sempre il Moving Motor Show, con le più impressionanti super car di oggi in azione sul percorso “misto-veloce” della famosa “hill-climb” (che raggiunge un dislivello complessivo di ben 100 metri), oltre agli ultimi modelli delle maggiori case automobilistiche, fra i quali alcuni pilotati da potenziali acquirenti.

Laura Ferriccioli

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