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Non c’è pace per i Ferrari, volevano profanare la tomba del “Drake”

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Sembrava che i rapimenti fossero una pratica criminale scomparsa e invece, come accade con alcune malattie infettive che si pensavano debellate, ecco che ritornano: una banda di delinquenti con base in provincia di Nuoro, dedita allo spaccio della droga e al traffico illegale di armi, stava pianificando il furto della salma di Enzo Ferrari dalla tomba di famiglia nel Cimitero di San Cataldo di Modena.

La notizia diramata dall’Ansa parla di 34 ordini di custodia cautelare e di numerose perquisizioni effettuate con uno spiegamento di forze imponente che vede impiegati 300 carabinieri supportati da unità cinofile, da elicotteri e da paracadutisti. Si tratterebbe di una vera associazione a delinquere con ramificazioni in Lombardia, Emilia e Romagna, Veneto e Toscana. Scopo del furto sarebbe stato quello di estorcere denaro ai parenti del “Drake” attraverso il ricatto delle spoglie.

Non è la prima volta che la famiglia Ferrari subisce tentativi di estorsione con questo metodo criminale. A Enzo Ferrari capitò l’11 ottobre del 1979 quando qualcuno cercò di rubare le spoglie del figlio Dino, scomparso 23 anni prima per le conseguenze di una malattia incurabile. Forse a causa di un imprevisto i malviventi non riuscirono nella loro opera e abbandonarono il corpo dopo aver divelto la tomba.

Le ragioni di quella rinuncia non si seppero mai e nemmeno gli autori di gesto vennero mai scoperti. Sembra che si fossero spaventati e abbiano rinunciato per le difficoltà che si trovarono improvvisamente davanti quando invece delle ossa rinvenirono il corpo di Dino ancora composto, una probabile conseguenza delle cure a cui il povero ragazzo era stato sottoposto nel vano tentativo di salvargli la vita. Oppure perché la loro intenzione non era quella di impossessarsi del corpo per poi estorcere denaro ma di rubare il candelabro d’oro massiccio che la leggenda voleva fosse stato sepolto insieme con il ragazzo. Una leggenda appunto.

G.M.

Non c'è pace per i Ferrari, volevano profanare la tomba del "Drake"

Enzo FerrariOK

Uno sguardo a Ruoteclassiche di aprile

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Praticamente un inedito: non era mai capitato in trent’anni (e 340 uscite) che Ruoteclassiche mettesse in copertina un cosidetto “barn find”, un ritrovamento da fienile. Tant’è… Eccola, la nostra star, nonché “Rottame prezioso”: una fiammante Jaguar E Type prima serie, ritrovata (così come la presentiamo) sotto un telo, nella campagna ligure.

0340_AU LANCIA ASTURARicca e variegata la parte automobilistica del numero in edicola, che parte subito con la Lancia Astura Cabriolet Pinin Farina (1932), “Regina del passato” che può contare anche su una “coda” in strada, con le nostre “Impressioni” di guida. La vettura, tra parentesi, è una splendida sintesi tra eleganza formale e meccanica d’avanguardia, potendo contare su un motore 8 cilindri a V stretto con supporti elastici. La seconda delle nostre “Impressioni” riguarda la Mercedes-Benz 230 Bähr Cabrio del 1991. La “Classica domani” è la Abarth 124 Spider.

FT NICK MASONCon il titolo “Il diavolo e l’acqua santa”, il nostro “Test a test” è un confronto in famiglia tra due BMW M3: la Serie E30 e la Serie E36. Il “Pezzo unico” è una splendida Maserati 1500 GT Spyder del 1957, che il parton del Tridente Adolfo Orsi volle far “vestire” dal carrozziere Medardo Fantuzzi. Da annoverare tra le curiosità la Fiat-Abarth 127 Alitalia Gr. 2, che un appassionato ha voluto realizzare usando come base un normale esemplare di serie. Tornano poi le “Motoclassiche” con la Honda CB 500 Four (1973).

Tutte da gustare le interviste di questo mese: la prima a Leonardo Fioravanti, autore della nostra quarta “Copertina d’autore”, per i trent’anni di Ruoteclassiche (presto pubblicheremo anche la versione video); la seconda a Nick Mason, storico batterista dei Pink Floyd, nonché felice proprietario, da quarant’anni, di una spettacolare Ferrari 250 GTO (oltre che di tanti altri straordinari gioielli).

Approfondimenti sia per il Polo Storico Lamborghini sia per i Fratelli Rossi Pnuematici: in un gustoso episodio riportato dai fratelli De Virgilio ricordiamo l’ammirazione di Enzo Ferrari per il motore V6 Lancia. I “Consigli pratici” sono dedicati alla ricostruzione della scocca.

GC WINTERACERicchissime la sezioni eventi e Gareclassiche, con reportage dalla WinteRace, dal London Classic Car Show, da Retro Classics (Stoccarda) e dal celebre Councors d’Elegance di Amelia Island (a cui erano collegate anche tre vendite all’asta molto importanti). In concomitanza con l’uscita di Ruoteclassiche di aprile, ricordiamo che in edicola troverete anche il terzo volume de “Il meglio del Cavallino”, dedicato agli uomini che hanno reso grande il marchio di Maranello nel mondo.

Buona lettura!

Uno sguardo a Ruoteclassiche di aprile

GC WINTERACE
FT NICK MASON
0340_AU LANCIA ASTURA
0086_RCL Cover Ferrari Uomini

Nick Mason, la nostra videointervista esclusiva

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Le sue due grandi passioni: la musica (che è diventata la sua professione e gli ha assegnato un posto nell’olimpo del rock) e i motori. Tanto da fargli correre cinque edizioni della 24 Ore di Le Mans e due Carrera Panamericana. Ma soprattutto, che gli ha consentito di mettersi in garage una serie di gioielli straordinari, tra i quali una Ferrari 250 GTO, che possiede da quarant’anni.

Lui è Nick Mason, storico batterista dei Pink Floyd, che Ruoteclassiche ha incontrato nella sua tenuta segreta nella campagna inglese, a un paio d’ore di macchina da Londra. È qui che tiene le sue vetture: da una Panhard B1 del 1901 a una LaFerrari ibrida dei giorni nostri, passando per un numero imprecisato di Bugatti e Aston Martin anteguerra, Maserati (tra le quali una 250 F del 1957 e una Birdcage), Jaguar, Alfa Romeo e Ferrari (tantissime, tutte iconiche).

Guai però a definirlo “Collezionista”. Preferisce il termine inglese “enthusiast”, che racchiude in sé un po’ tutto: passione, entusiasmo, cultura, sensibilità per tutto quanto rappresenti la’nima e la storia dei motori…

Intervista e immagini di Alessandro Barteletti

Trofeo Foresti, vincono Vesco-Guerini

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Dovevano essere davvero due persone speciali, Guido Foresti e sua moglie Elda. Per organizzare la nostra partecipazione al Trofeo, infatti, nei giorni precedenti la gara, abbiamo avuto modo di parlare con diverse persone che hanno contribuito alla realizzazione di questa giornata commemorativa, e ciascuna di loro ci ha tenuto a sottolineare che lo stava facendo sia per riconoscenza, sia per l’affetto e la stima nei confronti della famiglia Foresti. L’impressione è stata poi convalidata parlando con i partecipanti, tutti volutamente presenti alla quarta edizione del Trofeo Foresti, per onorare i loro amici e benefattori di Pralboino, paese natale di Guido, in provincia di Brescia. Perché è chiaro che non erano molto amati solo dai loro concittadini, ma anche da tutto l’ambiente delle auto storiche, per le quali nutrivano una profonda passione, tramandata, grazie a importanti partecipazioni alle rievocazioni della Milla Miglia o al Gran Premio Nuvolari, ai figli Pietro e Cesare.

Nonostante la concomitanza con la rievocazione storica del Gran Premio del Mugello, da quest’anno entrata a far parte del Campionato Italiano Regolarità Autostoriche, alle verifiche di sabato 25 marzo, nel piccolo centro di Pralboino, si sono presentati oltre cento equipaggi a bordo di vetture prestigiose, dalle anteguerra Bugatti, OM, Lancia, Fiat, Amilcar, Alfa Romeo e Riley, alle vetture da corsa degli anni 50. L’atmosfera gioiosa e la voglia di condividere il ricordo di un’amicizia in comune, è perdurata fino a sera e per tutto lo svolgimento della cena di gala, tradizionalmente offerta nella settecentesca Villa Calciati, maestosa residenza di caccia alle porte di Cremona, nel comune di Persico Dosimo.

Domenica 25 marzo, alle 9 in punto, è partita la prima vettura di questa quarta edizione. A salire sul palco del Teatro Comunale Carlo Tira, a Pralboino, per la cerimonia di premiazione, una delle coppie certamente più forti del panorama regolaristico italiano: Vesco-Guerini sulla loro Fiat 508 S Balilla Sport, primi classificati assoluti con 172 penalità; 244 i centesimi accumulati da Belometti-Peli su Lancia Lambda Spider Casaro del 1929, secondi davanti a Gaggioli-Becchetti, anche loro su Balilla 508 S Sport, e autori di 264 penalità. Un podio ancora più interessante dal punto di vista agonistico, se si considera che la classifica è stata elaborata con il sistema “Top Car”, che premia le vetture più anziane.

Il percorso di questo Trofeo Foresti, è stato profondamente rinnovato rispetto alle precedenti edizioni, merito della collaborazione di Eugenio Piccinelli con l’organizzazione della Noci Motor Classic, presieduta da Giacomo Salvalaggio.  Gli equipaggi hanno guidato dalle verdi pianure del bresciano e del cremonese alle splendide colline del piacentino, con controlli a timbro degni di nota, come quello in piazza Stradivari a Cremona, o in cima alla medievale Castell’Arquato, e con una sosta pranzo d’eccezione nell’accogliente Roncole Verdi, luogo natale del celebre compositore. Gli oltre 230 chilometri di gara, costellati da 62 prove cronometrate di elevata difficoltà tecnica, distribuite tra zone industriali e strade aperte al traffico, hanno tenuto impegnati i partecipanti per tutta la giornata. Una giornata assolutamente positiva, una bellissima esperienza durante la quale il piacere della condivisione e la voglia di ricordare Guido ed Elda hanno reso questa gara una competizione vera e sincera, anche per chi non li ha potuti conoscere personalmente.

LE CLASSIFICHE

  • Assoluta Top Car
    1° Vesco-Guerini – Fiat 508 S Balilla Sport 1934 – 172 punti
    2° Belometti-Peli – Lancia Lambda Spider Casaro 1929 – 244 punti
    3° Gaggioli-Becchetti – Fiat 508 S Balilla Sport 1934 punti
  • Equipaggi femminili
    1° Bottini-Boscardin – Triumph TR3 1956 – 632 punti
  • 2° Cinelli-Roselli – Renault 4 CV 1957 – 1234 punti
  • 3° Bossini-Pintossi – Porsche 356 Speedster – 1479 punti

Himara Bottini

Volvo 262C, 40 anni fa il coupé il lusso svedese sposava lo stile Bertone

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Il pragmatismo e razionalismo delle Volvo sono da sempre concetti proverbiali nell’industria automobilistica. Eppure un marchio con una fama così consolidata fin dagli esordi (il suo orientamento alla sicurezza era stato un cardine della mission aziendale) non disdegnava di proporsi al mercato anche con un’immagine lussuosa e di distinzione rispetto alla concorrenza.

Nel 1974 erano state lanciate la 264 con motore 6 cilindri e la più economica 240 a 4 cilindri. Nel ’75, con la 265, l’azienda andava a mancare un evento fondamentale nella sua storia: per la prima volta una Station Wagon con motore 6 cilindri. Ma al Salone di Ginevra del 1977 ecco apparire un modello di nicchia prestigioso e raffinato: la 262 Coupé.

UN COUPÉ DI ALTA GAMMA
Dal pensionamento della 1800 ES (1973) era venuto a mancare in listino una Volvo con caratteristiche “Premium”. La questione preoccupava non poco il numero uno Pehr G Gyllenhammar, convinto che fosse necessario un modello con caratteristiche di prestigio per il principale mercato di sbocco, gli Stati Uniti, dove una coupé lussuosa poteva potenzialmente raccogliere maggiore successo rispetto a una coupé sportiva.

Il team guidato da Jan Wilsgaard iniziò il lavoro di sviluppo su un prototipo della 164, già utilizzato per esperimenti sull’abitacolo. Questo fu portato a Torino da Coggiola e trasformato in un coupé 2 porte con tetto ribassato (oggi è conservato presso il Museo Volvo a Goteborg). Per aumentare la percezione dell’auto quale modello di alta gamma il tetto fu rivestito in vinile e furono aggiunte, sul grande montante C, tre corone simbolo dell’araldica svedese (poi sostituite con più sobri loghi aziendali).

Per il motore fu scelta l’unità con codice di progetto B27E: 6 cilindri in linea, 2,7 litri di cilindrata, monoblocco e testate in alluminio, 140 Cv di potenza massima (e un peso di soli 150 kg).

CARROZZERIA BERTONE
Le caratteristiche della Volvo 262C ne facevano un modello di nicchia, destinato a una clientela “alto-spendente” e, perciò, confinato nei piccoli numeri di produzione. L’assemblaggio a Goteborg, dunque era escluso. Ne fu quindi incaricata la Bertone: qui arrivavano le scocche della Volvo 264 berlina e trasformate in un coupé 2 porte con tetto abbassato di 60 mm.

Dopo la presentazione al Salone di Ginevra la coupé tre volumi svedese entrò in produzione verso la fine dell’anno con l’unica opzione della vernice grigio Argento in abbinamento al tetto nero. Solo nel ’79, anno di del restyling della sezione posteriore di tutte le Volvo della serie 200, fu aggiunta alla gamma anche la colorazione oro metallizzato con greenhouse senza vinile. Successivamente, a partire dal 1980, fu disponibile sui listini americani con il più semplice nome di Volvo Coupé e nel 1981, ultimo anno di produzione, fu aggiornata nella motorizzazione (il 6 cilindri B28E – con 14 Cv in più – andò a sostituire il B27E) e proposta con verniciatura bicolore Oro – Nocciola. Nello stesso anno la francese Solaire costruì 5 esemplari di una versione Cabriolet per conto di Volvo Cars North America.

PRODUZIONE
All’inizio della commercializzazione Volvo confidò di riuscire a venderne 800 esemplari l’anno ma l’obbiettivo era stato fin troppo cauto: ad esclusione del ’77, infatti, la 262C registrò numeri di produzione annuali più che doppi (lo stesso Amministratore Delegato Gyllenhammar ne riservò un esemplare al suo uso esclusivo: vernice e interni di colore rosso, motore 4 cilindri turbo tipo B21ET).

Complessivamente sono stati prodotti 6622 esemplari.

Dopo la conclusione della produzione della 262C si verificò nuovamente la mancanza di una Volvo coupé due porte di alto livello: si rimediò nel 1985 con il lancio della 780, progettata e assemblata in Italia ancora dalla Carrozzeria Bertone.

Alvise-Marco Seno

Techno Classica, pronti-partenza-via!

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Prende il via a Essen la 29ma edizione di Techno Classica, la più grande mostra-scambio d’Europa e probabilmente del mondo. Lo dicono i numeri: in questa edizione sono presenti ufficialmente 25 marchi automobilistici, più di 2.500 auto da collezione in vendita, più di 1250 espositori provenienti da 30 nazioni, oltre 220 club di appassionati su una superficie di 120.000 metri quadrati (tanto per fare un confronto, Auto e Moto d’Epoca di Padova ne occupa 90.000).

Sono attesi oltre 200.000 visitatori provenienti da tutto il mondo (lo scorso anno erano arrivati da 40 nazioni differenti) attratti da una abbondanza di proposte commerciali e culturali che non ha paragoni. Uno degli appuntamenti annuali sicuramente catalogato tra quelli “da non perdere”, che offre uno spaccato completo del mondo del collezionismo motoristico europeo.

Tra i punti di forza della manifestazione, la presenza dei commercianti più noti, dei più famosi restauratori, delle imprese fornitrici di ricambi, di accessori, artisti e galleristi, editori, specialisti di automobilia, provenienti da tutto il mondo. Tra gli altri, sono attesi espositori provenienti da Nord e Sud America e persino dalla Cina.

Nata nel 1989 come evento prettamente tedesco, Techno-Classica è diventata via via un appuntamento di levatura internazionale grazie anche alla qualità delle offerte “culturali” presentate a ogni edizione. Quest’anno da non perdere c’è la mostra sul ”Gran Premio di Monaco 1957“ (nel padiglione 6) con una selezione  delle auto da corsa che hanno partecipato a quella gara, tra cui la Maserati 250F con la quale Manuel Fangio vinse il Gran Premio; la Ferrari 801, guidata da Wolfgang Graf Berghe von Trips; una Ferrari D 50; una Cooper Climax T43 e una Connaught Alta Tipo B.

Altra mostra interessante è quella dedicata alle auto elettriche che, già 120 anni fa, rappresentavano un’alternativa futura allo sviluppo dell’auto. Si sa poi come è andata. La mostra ricorda come fino al 1912, quando l’invenzione del motorino di avviamento elettrico per le auto a benzina segnò la svolta a favore del motore a combustione (fino ad allora le auto a benzina richiedevano uno sforzo immane per essere avviate), le vetture elettriche rappresentassero una alternativa più che valida al motore a scoppio. In mostra, tra le altre, una Ayrton & Perry del 1882, considerata la prima auto elettrica della storia e una Detroit Electric del 1915. G.M.

Tragico incidente sulla A4: muore Beppe Volta, pilastro del rally italiano

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Il mondo della passione rallystica piange la scomparsa di Giuseppe Volta, uno dei personaggi più importanti della storia di questa specialità. Il 3 aprile il famoso preparatore torinese è rimasto vittima di un grave (e, come spesso capita) assurdo incidente mentre si trovava sull’autostrada A4 all’altezza di Chivasso, nel torinese. “Beppe”, come era conosciuto nel settore, è stato pilota, preparatore, progettista e sviluppatore per marchi come Osella, Abarth e Lancia.

UNA VITA PER LE CORSE
Nato nel 1946 a Ferrara, era professionalmente cresciuto in provincia di Torino. Inizia la carriera nel mondo dei motori nella seconda metà degli Anni 60. Comincia a lavorare per la Osella ma, presto, compie già un salto di qualità e nel ’70 inizia a collaborare con la Chevron – di cui diventa concessionario – coltivando soprattutto l’interesse per le vetture Sport e Prototipo.

Alla fine degli Anni 70 il passaggio ai rally e l’inizio della partnership con l’Abarth. Nella sua officina arrivano i motori delle 131 Rally ufficiali per essere revisionati e rimessi in sesto. All’inizio della decade successiva, con la nascita del Gruppo B, Beppe Volta volge l’interesse alla Lancia 037, contribuendo al successo di tanti piloti fino alla tragica soppressione della categoria. Beppe Volta, allora, si dedica alla Delta Integrale, alla Ford Sierra Cosworth e alla BMW M3.

Negli ultimi anni, anche se aveva trasferito la sua residenza a Praga, Beppe Volta era spesso in Italia per continuare a coltivare la passione per i rally, soprattutto quelli storici. Aveva fondato il club Historic Lancia Rally, di cui era Presidente.

LA DINAMICA
Beppe Volta si è trovato coinvolto in un banale tamponamento nei pressi dell’uscita verso il casello di Chivasso. Sceso dalla sua BMW per compilare il modulo CID con l’altra persona coinvolta, entrambi sono stati travolti da una Mercedes guidata da una cittadina romena di 30 anni residente a Torino. Per Volta non c’è stato niente da fare mentre l’altra persona, ferita, è stata trasportata in ospedale. La procura di Ivrea ha aperto un’inchiesta per omicidio stradale.

Alvise-Marco Seno

“Copertina d’autore”, tocca a Leonardo Fioravanti (la nostra videointervista)

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Si arricchisce la gallery delle nostre “Copertine d’autore”, realizzate da dodici tra i più grandi car designer in circolazione per festeggiare i trent’anni di Ruoteclassiche. Dopo Aldo Brovarone (gennaio), Chris Bangle (febbraio) e Walter De Silva (marzo), ad aprile tocca a Leonardo Fioravanti, milanese doc e torinese di adozione, papà della Ferrari Daytona e di tantissimi altri capolavori di Maranello.

Un passato alla Pininfarina e un presente nell’azienda che porta il suo nome, Fioravanti non ama essere definito “stilista”, e così ne spiega il motivo: “Mi sento un ingegnere progettista che ha avuto la fortuna di saper disegnare, non uno stilista. Poi ovvio che le cose che faccio sono influenzate dal mio stile, che è il mio modo di sentire. Ma io sono un ingegnere progettista di veicoli“.

Ecco la sua videointervista esclusiva rilasciata proprio nella redazione di Ruoteclassiche e Quattroruote.


Tendenze: la storica me l’acquisto in fabbrica!

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I listini dei marchi automobilistici potrebbero presto conoscere una originale evoluzione. Meglio ancora: di questo passo Ruoteclassiche avrà, oltre al listino delle quotazioni, anche quello del… Nuovo! Si stanno infatti moltiplicando le iniziative delle Case che, resesi conto della necessità di recuperare il valore della loro storia, sono in grado di proporre alla clientela vetture storiche del loro passato come nuove.

CONTINUATION O RESTAURATA? COMUNQUE: UFFICIALE!
Due, a questo punto, le strade. La più estrema contempla la cosiddetta Continuation Series, una “replica originale”, costruita ex-novo dal brand ufficiale secondo i crismi del progetto primigenio (Jaguar E-Type Lighweight Continuation e XK-SS Continuation, Aston Martin DB4 GT Continuation, Toyota Land Cruiser 70 Continuation, Lister Knobbly Continuation, tutta la gamma Alvis e altre ancora).

In alternativa, per chi contempla solo il paradigma dell’originalità ed è consapevole che in un restauro non esista livello di sicurezza più elevato della partecipazione al progetto della Casa Madre stessa, è possibile acquistare una storica restaurata ex novo. L’azienda acquista una vettura da lei prodotta in passato, la restaura riportandola agli antichi splendori e la mette in vendita. Il collezionista, quindi, non deve nemmeno cercare la macchina da restaurare: ci pensa il costruttore. All’acquirente, un unico compito: la firma dell’assegno o la strisciata della carta di credito.

JAGUAR E-TYPE REBORN A TECHNO CLASSICA
L’ultima iniziativa in ordine di tempo viene dalla divisione Jaguar Heritage, che a Techno Classica – Essen 2017 (in programma dal 5 al 9 aprile) presenta il primo esemplare della E-Type Reborn. Il progetto prevede una piccola tiratura di 10 esemplari di E-Type, tutti ricondizionati e restaurati presso le officine di Jaguar Land Rover Classic Works.

Sullo stand è presente anche un esemplare della Land Rover Series I, protagonista della stessa iniziativa (ma il marchio di Solihull ha dato il via anche al restauro e vendita delle Range Rover Classic).

L’esemplare esposto a Essen, una MK1 in colore grigio Canna di fucile, fu originariamente esportato in California nel ’65. Recuperato dopo quasi 35 anni di letargo, è stato riportato alle condizioni della sua nascita. E’ una preziosa vettura “matching numbers“, che è stata restaurata cercando – naturalmente – di preservare la maggior parte possibile della componentistica originale.

Nell’allestimento della serie delle E-Type Reborn, il cliente potrà scegliere alcune opzioni extra per aggiornare la vettura ma rispettando il principio della coerenza storica: impianto di raffreddamento potenziato (utilizzando parti della E-Type Lightweight), cambio sincronizzato (se originariamente non era previsto) o pinze freno della E-Type MK2 (introdotta nel ’68).

LA VARIABILE PREZZO
In tutti questi casi, il plus-valore generato dal coinvolgimento della Casa Madre ufficiale ha il suo prezzo. Che può risultare anche molto salato. Il prezzo di partenza di una E-Type Reborn, infatti, è di 285.000 Sterline (oltre 330.000 Euro). Decisamente una cifra riservata a chi non ha oggettivi problemi di budget nei riguardi di un restauro. La Range Rover Classic restaurata “in home”, del resto, si può acquistare a parire da 135.000 Sterline (quasi 160.000 Euro).

LA CONCORRENZA (IN CASA E FUORI)
Nell’Europa continentale la concorrenza più agguerrita arriva da Mercedes che, nel 2015, ha creato il progetto All Time Stars. L’iniziativa, in questo caso, è ancora più sofisticata. La divisione Mercedes-Benz Classic, infatti, ha individuato tre categorie di automobili classiche da proporre ai clienti (lo showroom è il Museo Mercedes-Benz di Stoccarda) individuate dopo un programma di ispezione con 160 voci da controllare e verificare.

Gli esemplari in configurazione “Premium Edition” sono i più preziosi, ancora in condizioni originali e con un chilometraggio trascurabile. Le “Collectors Edition“, invece, sono preparate al top in termini di estetica e di meccanica nonché caratterizzate da un chilometraggio contenuto. Le Mercedes “Drivers Edition“, infine, sono pronte per l’utilizzo quotidiano ma potrebbero essere ancora migliorate con un ulteriore restauro.

Lanciato nel 2015 il programma All Time Stars ha debuttato con un catalogo composto da: Type 630 Kompressor del ’29, 280 SE berlina del ’73, 450 SEL del ’79, E60 AMG del ’94, 500 SL del ’92, E320 Cabriolet del ’95 e CLK-LM del ’98.

RESTAURI CERTIFICATI
Ad un livello “più basso” si collocano i servizi di molti altri brand, i quali non vendono direttamente vetture storiche restaurate ma contemplano, comunque, un’offerta molto ampia: documentazione, certificazione, consulenza e restauro. In questi casi, infatti, è ancora richiesta l’iniziativa del proprietario collezionista, che deve rivolgersi all’azienda per ottenere un restauro qualificato e certificato: lo fanno Porsche con il servizio Porsche Classic, Abarth (Officine Abarth Classiche), Ferrari (Ferrari Classiche) e Lamborghini (Polo Storico Lamborghini).

Alvise-Marco Seno

Tendenze: la storica me l'acquisto in fabbrica!

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Franciacorta Historic 2017: trionfano Bellini – Tiberti

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Ben 108 equipaggi col cronometro in mano, uno più agguerrito dell’altro, si sono dati battaglia al Franciacorta Historic, gara di regolarità per auto storiche costruite entro il 1971 e organizzata da Vecars, la stessa che firma anche l’organizzazione della Winter Marathon.

La decima edizione si è tenuta sabato 8 aprile e, dopo 54 prove cronometriche, ha visto trionfare il duo Bellini – Tiberti su Fiat 508 C del 1938, davanti a Cibaldi – Costa su Gilco 1100 Sport del ’48, e a Barcella – Ghidotti sulla loro inarrestabile Porsche 356 SC del 1963.

Il tutto ha avuto inizio e si è concluso da Castrezzato (BS), dove le auto si sono radunate nel parcheggio del Golf Club. Verifiche tecniche, sportive e poi via alla gara. Nel complesso sono stati 130 i chilometri del percorso che ha portato auto del calibro di OM Superba del 1926, di Porsche 356 di ogni epoca e di Lancia Aurelia B24 sulle rive del Lago d’Iseo e sulle strade più belle della Franciacorta, passando in mezzo ai suoi infiniti vigneti.

L’equipaggio di Ruoteclassiche ha preso parte alla manifestazione con una Mini Minor del 1966 che si è comportata egregiamente sulle curve delle colline bresciane ma non senza problemi: verso la fine della gara, i freni si sono surriscaldati e hanno messo in evidenza qualche piccolo cedimento. Ma l’equipaggio Giudici-Lanfranchi ha comunque concluso il percorso e chiuso con la 75esima posizione assoluta.

Federico Lanfranchi

Addio a Carlo Riva: trasformò le sue barche in oggetti di lusso

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Si è spento a 95 anni Carlo Riva, ovunque definito una geniale amalgama di passione e creatività a disposizione della nautica. Trasformò l’azienda di famiglia in un brand di lusso e creò vere e proprie icone tra cui l’Aquarama, simbolo stesso della produzione dei cantieri di Sarnico.

Lutto nel mondo della nautica: è mancato l’ingegner Carlo Riva, esponente della dinastia di costruttori di imbarcazioni sportive e animatore della crescita del cantiere negli Anni 50 e 60 fino alla sua consacrazione tra i brand più importanti del settore e del made in Italy.

Carlo Riva, figlio di Serafino, nacque il 24 febbraio del 1922 a Sarnico, sulle rive del Lago d’Iseo, e già molto giovane iniziò a lavorare nell’azienda di famiglia seguendo le orme del padre, del nonno Ernesto Riva e del bisnonno Pietro Riva, fondatore del cantiere nel 1842.

CAMBIO DI ROTTA
I risultati del suo lungo apprendistato aziendale iniziarono a concretizzarsi negli Anni 50 con l’inaugurazione del nuovo cantiere (oggi sotto tutela architettonica). Il giovane Carlo Riva, in controtendenza rispetto alla precedente gestione del padre Serafino, diede alle imbarcazioni prodotte una personalità differente dalla normale percezione: non più strumenti di mero trasporto o barche da corsa. Le barche prodotte sulle rive del Lago d’Iseo divennero, progressivamente, oggetti di lusso come le automobili, destinati a una clientela appassionata, raffinata ed elitaria.

Le barche Riva divennero simbolo di una grande ricerca stilistica e di qualità costruttiva secondo le rigide regole di Carlo Riva, il quale, di fronte a uno scafo imperfetto, non esitava a distruggerlo. Con questa nuova filosofia iniziò il periodo più prospero per il marchio Riva, nel quale ogni nuovo modello si impose come status symbol, icona di sportività e lusso nell’universo della nautica.

Nacquero in questo periodo (grazie anche all’ingresso in azienda dell’architetto e designer Giorgio Barilani) il Sebino (primo modello a inaugurare la produzione in serie), il Riva Ariston (“disegnato con amore, nato forte e puro come un cavallo di razza”), il Tritone (primo Riva equipaggiato con due motori), il Florida e, nel 1962, il mito Aquarama.

Barche in legno dal design inconfondibile, realizzate con grande cura e attenzione al dettaglio. Tutti i principali protagonisti della Dolce Vita e del jet set internazionale dell’epoca si legarono a un Riva: Brigitte Bardot, Liz Taylor, Sophia Loren, Elton John, Peter Sellers, Anita Ekberg, Sean Connery, Jean Paul Belmondo, Richard Burton, Ingrid Bergman, Aristotele Onassis, Jackie Stewart…

IL RIVA AQUARAMA
La barca sportiva diventata simbolo stesso del marchio fu presentato al Salone della Nautica di Milano nel novembre 1962. Concepito sulla base del Riva Tritone, divenne subito un successo di vendita, apprezzato per il design e per la cura costruttiva.

Motorizzato con propulsori Chrysler (di questo brand era anche il volante) o General Motors, fu prodotto in quattro versioni (oltre all’Aquarama classico anche il Super, il Lungo e lo Special) fino al 1996. Ancora oggi, l’ultimo Aquarama prodotto, telaio 784, è conservato presso il cantiere di Sarnico.

1969: VETRORESINA
Nel 1968 Carlo Riva vendette l’azienda ma continuando, comunque, a dedicarvici tempo, passione e sforzo imprenditoriale. La sua gestione segnò un’altra tappa fondamentale nel 1969, anno di introduzione della vetroresina come materiale strutturale.

La nuova strategia di produzione fu inaugurata con due modelli inediti: il Bahia Mar 20′ e il cabinato Sport Fisherman 25′. Fu una scelta decisamente innovativa per un cantiere molto legato alla tradizione, ma che testimonia il talento imprenditoriale di Carlo e la sua attenzione alle esigenze e al mercato. In quest’ottica creò i Riva Boat Service, veri e propri concessionari ufficiali e officine di manutenzione per le imbarcazioni Riva nel mondo.

LE ALTRE ATTIVITA’ E GLI ANNI RECENTI
Lasciata l’azienda nel 1972 iniziò a collaborare con il Porto Turistico Internazionale di Rapallo che dal 25 luglio 1975 decise di portare il suo nome. Nel 2005 Alberto II di Monaco l’ha insignito del titolo di Personnalité de la Mer.

IL RICORDO DELL’A.D. DI FERRETTI GROUP
Alberto Galassi, Amministratore Delegato di Ferretti Group (il Gruppo ha acquisito Riva nel 2000) ricorda così Carlo Riva: “Ci ha lasciato il più grande di tutti. Il mondo perde un geniale creatore di barche, un maestro di stile, un gigante della storia industriale e imprenditoriale della nostra Italia. Io, personalmente, perdo un maestro, un esempio di genialità, d’impegno e di amore per il lavoro“.

Alvise-Marco Seno

“Il meglio del Cavallino”, tocca agli uomini…

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E’ in edicola il terzo volume della collana “Il meglio del Cavallino”, con la quale Ruoteclassiche vuole celebrare i settant’anni della Ferrari (a 9,90 euro; solo rivista, 5,50 euro). L’uscita è interamente dedicata a “Gli uomini” che hanno reso grande la Casa di Maranello nel mondo: la famiglia innanzitutto, ma anche i manager, i progettisti, gli stilisti, i piloti e per finire le figure meno note perché abituate a calcare il backstage, come meccanici, collaudatori e concessionari.

Ecco l’introduzione del volume (di 144 pagine)
Una settantina di personaggi. Uomini veri che hanno forgiato il Cavallino rampante in acciaio inossidabile. Ritratti un po’ fuori dai soliti schemi. Abbiamo cercato, nel dipingere questi brevi affreschi di vita, di fare emergere il lato umano degli uomini del Cavallino, più che i dati e i fatti. Sono questi i “capitani coraggiosi” che hanno colorato di Rosso Ferrari il mondo intero.

A partire, ovviamente, dal fondatore Enzo Anselmo Ferrari e i suoi figli Dino e Piero. A me Ferrari piace chiamarlo Commendatore, più che “Drake”, “Mago”, Ingegnere eccetera. Perché nel dialetto modenese Commendatore si dice “Comandatùr”, come a intendere “Colui che comanda”. Il “Capo”, insomma. In effetti questo è stato il suo ruolo: ha comandato. Sotto di lui, la truppa.

Dapprima un nugolo di uomini votati al successo. Poi sempre di più. A mano a mano che l’impresa si faceva grande e diventava la più incredibile epopea della storia dell’automobile: la Ferrari. Progettisti, stilisti, designer, dirigenti, direttori sportivi, venditori e, naturalmente, piloti. Tutti hanno aggiunto qualcosa di proprio a questa grande avventura. Tutti hanno messo la loro vita al servizio del “Comandatùr”, alcuni in senso figurato, altri, purtroppo, in senso letterale.

Nelle pagine troverete la nostra selezione. Non è stato facile scegliere, tanto è vasta la rappresentanza di personaggi di valore e caratura nei settant’anni della Ferrari. Sicuramente abbiamo tralasciato qualcuno d’importante. Ce ne scusiamo: non era nostra intenzione. Ferrari e gli Uomini di Ferrari. Durante e dopo di Lui. Questo è quindi il contenuto del terzo volume dei nostri “Speciali” dedicati ai settant’anni della Casa di Maranello.

Il prossimo appuntamento in edicola è a maggio con il quarto volume: “Il meglio del Cavallino – X-Ray”. Ovvero i disegni con gli spaccati delle Ferrari più importanti, da corsa e da strada, con i nostri commenti sui principali dettagli tecnici di rilievo.

Marco Di Pietro

Mini Remastered by David Brown Automotive, classico e moderno insieme

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E meglio il suono “perfetto” di un CD o emoziona maggiormente il fruscio di una puntina che “striscia” sul vinile? E’ più comodo massaggiare la pelle con un modernissimo e preciso rasoio elettrico o è più suggestivo investire più tempo con un complesso set composto da schiuma, pennello e lama? E’ più soddisfacente la comoda versatilità di un’auto moderna o la scomoda e ancestrale emozione di guidare un’auto d’epoca? All’ultimo interrogativo David Brown Automotive di Coventry offre una soluzione intermedia, studiata per cercare di non allontanare la guida di un’automobile dai piaceri di un’automobile classica ma – nello stesso tempo – offrire molti servizi che solo una macchina di oggi può dare (affidabilità, comfort, funzionalità).

Nella sconfinata offerta di auto moderne i costruttori propongono sempre di più auto storiche-moderne, costruite (o restaurate) secondo il progetto dell’epoca ma con l’utilizzo di materiali e processi attuali. Oppure c’è una soluzione intermedia: “ringiovanire” parzialmente un’auto storica e creare un ibrido di moderno ma antico, di classico ma con un tocco di modernismo.

Mini Remastered è il secondo progetto di David Brown Automotive, marchio britannico che ha deciso di unire in pari percentuali elementi classici e moderni all’interno di un’automobile. Il risultato è una Mini d’epoca, quasi fedele nello stile ma profondamente ringiovanita con un generale processo di aggiornamento, per il quale vengono investite oltre 1.000 ore di lavoro, e dotata di tutti i comfort capaci di essere ospitati nel suo piccolo abitacolo.

Dalla semplice utilitaria, quindi, la Mini Remastered entra nelle alte sfere dello sfizioso oggettino di lusso, ricco di amenità e perfetto per saziare l’appetito di esibizionismo.

MIGLIORATA FINO ALLA NUDA LAMIERA
Il punto di partenza è una Mini d’epoca, che viene smontata fino alla nuda lamiera (quando non si tratta di un esemplare in cattive condizioni che necessitasse di un restauro) per essere innanzitutto sottoposta un trattamento di rinforzo della scocca e di aumento del comfort acustico.

La carrozzeria viene aggiornata con parafanghi allargati, fari posteriori a led incorniciati da una struttura in alluminio e una complessa verniciatura (il processo dura un mese intero) eseguita interamente a mano.

MOTORE
Sotto il cofano anteriore pulsa ancora un 4 cilindri di 1,275 litri, con circa 80 cavalli di potenza. Ma ogni motore viene completamente smontato, revisionato e ricostruito con componentistica nuova e moderna, capace di offrire maggiore qualità in termini di affidabilità e resistenza all’uso. Il risultato è un guadagno di potenza superiore al 30% e una durata non paragonabile a quello di una Mini storica. La trasmissione si avvale di cambio a 5 marce, anch’esso completamente revisionato e adattato all’utilizzo moderno.

INTERNI
L’abitacolo essenziale e scarno della Mini si trasforma in un piccolo salottino, modificato e arricchito di accessori fino a conservare del vecchio cockpit solo gli ingombri. La versione Remastered, infatti, viene aggiornata con nuovi sedili (moderni e più confortevoli) rivestiti in pelle, nuovi pannelli porta, nuova plancia e tunnel centrale. La dotazione di serie, del resto, non rispecchia più la natura della minuta city car britannica: sistema infotainment con navigatore, impianto audio e Bluetooth, climatizzatore automatico,

PREZZI
l prezzo base di una Mini Remastered supera abbondantemente 60.000 Euro. David Brown Automotive propone due serie limitate: le special edition Inspired by Café Racers e Inspired by Monte Carlo sono limitate a 25 esemplari ciascuna e personalizzate negli esterni e in abitacolo. Per entrambe, inoltre, è riservata una versione speciale del motore con 98 cavalli di potenza.

Alvise-Marco Seno

Marchi scomparsi: Züst

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Nel 1917 gli stabilimenti e il marchio dell’azienda automobilistica Züst vengono ceduti alle Officine Meccaniche. Sono trascorsi 100 anni dalla chiusura di questa fabbrica, la cui storia, come quella di tante imprese, alterna momenti di gloria a periodi di difficoltà e si intreccia con un’altra Storia, quella del nostro Paese.

Tutto comincia quando nel 1878 l’ingegnere Roberto Züst entra a far parte della Güller & Croff. Si tratta di un’impresa di costruzioni meccaniche e di macchine di precisione fondata nel 1854 a Intra (frazione del comune di Verbania), azienda che Züst rileva quindici anni dopo.

Più tardi (siamo al 1903) i suoi figli Roberto, Arturo, Otto, Bruno e Silvio Züst fondano la “Züst ing. Roberto – Fabbrica Italiana di Automobili” con sede e stabilimento a Intra e con un capitale sociale di 1.500.000 lire. Tre anni dopo, nel 1906, si decide di fondare la Brixia-Züst a Brescia per la produzione di veicoli di serie più leggeri ed economici. Le Officine Züst sono le prime in Italia e tra le prime al mondo a funzionare, in parte, con l’energia elettrica.

I primi modelli sono la 28/45 Hp e la 40/50 Hp con motori a 4 cilindri di 7.432 cc e di 11.308 cc. Un’azienda sobria: poca pubblicità, alcune vittorie sportive e sempre bella figura in tutte le gare a cui partecipa.

Nel 1908 l’azienda corre nel rally New York- Parigi: lo fa con la 28/45 Hp guidata dal pilota Sirtori con il meccanico Haaga, di appena vent’anni. C’è anche il giornalista de Il Mattino di Napoli Antonio Scarfoglio. La gara è lunga, si deve attraversare il continente americano, lo stretto di Bering, la Siberia, ma la Züst si rivela un’auto sicura e arriva terza (e dopo la squalifica della classificata, seconda).

La produzione della Züst nel 1908 comprende 3 modelli: 15/25 hp, 35/50 hp, 50/60 hp. Al Salone di Torino di quell’anno l’auto viene apprezzata ed Enrico Maggioni, che si distingue nella guida, diventa il rappresentante generale sia dell’auto che della Brixia. Però già l’anno dopo il bilancio si chiude con una perdita di 80.000 lire. Per quei tempi, non sono spiccioli.

La Züst si concentra sulla fornitura di camion militari: questo indirizzo produttivo aumenta con l’inizio della prima guerra mondiale e l’impresa si specializza soprattutto nei motori d’aviazione. Ma la crisi è forte.

La denominazione sociale muta in Società Anonima Züst Fabbrica Automobili – Brescia – Milano, dopo l’assorbimento della Brixia-Züst, ancora in perdita secca, e la liquidazione della società Züst Motor Ltd di Londra, sull’orlo del fallimento.

L’ultimo modello di Züst è la 15/25 Hp S 365, con cilindrata di 2952 cm³, commercializzata nel 1916. Poi, cento anni fa, la cessione alle Officine Meccaniche. La Züst esce dal mondo automobilistico, lasciando il ricordo di un’azienda sobria, ma capace di grandi “accelerazioni” sia in pista che nel campo dell’innovazione.

Elisa Latella

Archivi fotografici: l’auto e la Grande Depressione

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L’Università di Yale ha messo online il proprio gigantesco archivio di fotografie scattate durante uno dei periodi più difficili attraversato dagli Stati Uniti, quello della Grande Depressione scaturita dal crollo di Wall Street del 1929. Si tratta di un immenso spaccato sociale nel quale anche l’automobile ha avuto un ruolo da protagonista. Soprattutto per quelle centinaia di migliaia di persone in fuga dalla siccità e dalle tempeste di polvere che hanno colpito le pianure dell’Oklahoma, costrette ad abbandonare la propria terra e le proprie fattorie attratte dal miraggio lavorativo in California.

Una migrazione di massa, interna agli Stati Uniti, che ha riguardato prevalentemente la popolazione bianca: braccianti impoveriti dalle espropriazioni bancarie, finiti nei campi di lavoro e sfruttati dai padroni dell’Ovest, per nulla sensibili al dramma che aveva colpito dei loro fratelli. Una condizione magistralmente raccontata da John Steinbeck nel suo capolavoro “Furore” che in queste immagini viene documentata visivamente attraverso scatti carichi di umanità e drammaticità.

Nella gallery che vi proponiamo abbiamo selezionato le fotografie nelle quali è l’automobile a svolgere un ruolo da protagonista. Auto degli anni ’20-’30 stracariche di persone e di masserizie diventate la casa viaggiante di questo esercito di poveri migranti e l’unico mezzo di trasporto utile per quel viaggio disperato alla ricerca di una nuova vita.

Immagini che l’Università di Yale ha da poco messo a disposizione di chiunque fosse interessato anche a questo aspetto della storia, tra le quali numerose sono quelle scattate da nomi famosi della fotografia, come Walker Evans, Dorothy Lange, John Vachon, Gordon Parks, Marion Post Wolcott e altri ancora.

Il sito consente la navigazione per chiavi di ricerca, per nome dei fotografi oppure attraverso una gigantesca mappa interattiva che permette di visionare le immagini località per località. Le fotografie coprono un arco temporale che va dal 1935 al 1945: dalla crisi più nera a quello della rinascita del paese.

Gilberto Milano

 

Archivi fotografici: l’auto e la Grande Depressione

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Targa Florio, al via l’edizione 101

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Superata la boa delle 100 edizioni la classica siciliana torna a riproporsi come uno degli appuntamenti da non perdere nel panorama delle competizioni di regolarità per auto storichenitaliane. Questo week-end partirà da Palermo la 101ma edizione della Targa Florio Classica, riservata alle auto costruite prima del 1977.

Il programma prenderà il via domani 20 aprile dal centro di Palermo per poi snodarsi in tre tappe che porteranno la colonna dei partecipanti a Taormina, quindi nell’entroterra messinese per chiudere domenica 23 aprile con il ritorno a Palermo dopo aver attraversato alcuni luoghi celebri del Circuito delle Madonie.

In realtà la Grande Corsa siciliana non è solo riservata alla gara di regolarità ma prevede ben tre eventi in contemporanea: oltre alla Targa Florio Classica si terranno anche la Targa Florio Rally Internazionale di Sicilia, terza prova del Campionato Italiano Rally, e la Targa Florio Historic Rally, terza tappa del Campionato Rally Auto Storiche. Alle quali si aggiunge il Ferrari Tribute, riservato alle Ferrari di ogni epoca.

In totale sono 210 gli iscritti, distribuiti nelle tre manifestazioni. Di cui 100 alla targa Florio Classica, 69 al Targa Florio Historic Rally e 41 al Targa Florio Rally Internazionale di Sicilia. Numerosi i top driver presenti, soprattutto all’evento riservato alla competizione di regolarità. Tra loro, i siciliani Giovanni Moceri, della Scuderia Loro Piana Classic, su Fiat 508C del 1938; Antonino Margiotta, della Scuderia Volvo Club, su Amazon 121 del 1958 e Angelo Accardo su Fiat 1100 103 N del 1957.

A sfidare i contendenti locali un nome noto della specialità, il pluricampione bolognese Giuliano Canè, della Scuderia Loro Piana Classic, su Lancia Aprilia del 1938. Al via anche Roberto Giolito, responsabile del dipartimento Heritage di FCA – Fiat Chrysler Automobiles.

G.M.

Targa Florio, al via l’edizione 101

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Settant’anni di Polizia Stradale

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Era il 26 Novembre 1947 quando, con un decreto legislativo dell’allora Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, fu decisa la riorganizzazione della Polizia Stradale per come la conosciamo oggi. Scopo della creazione del Corpo: “La prevenzione e l’accertamento dei reati lungo le pubbliche strade, l’osservanza della disciplina della circolazione ed il controllo sui mezzi circolanti, le segnalazioni relative alla sicurezza della viabilità, le operazioni per i soccorsi automobilistici e la vigilanza per la conservazione del demanio stradale…”. In pratica: garantire la libertà di circolazione a chiunque.

Con l’occasione oggi è stato presentato anche il logo del 70° anniversario, una stilizzazione del famoso centauro pronto a scoccare una freccia verso il futuro, accompagnato da una mostra dei mezzi storici, auto e moto, utilizzati negli anni dagli agenti della Polizia Stradale fino ai più moderni, rappresentati da una Lamborghini Huracan LP 610-4 e da una Alfa Romeo Giulia 2.0 Turbo Q4 Veloce.

Tra le moto, una bella sfilata di Moto Guzzi: dall’Airone 250 del 1952, al Falcone 500 del 1963 e del 1967, al Nuovo Falcone del 1970, al V7 Sidecar del 1971; per finire con le moderne Bmw R 1200 RT. Le quattro ruote erano invece rappresentate dall’Alfa Romeo 51 Matta del 1954, dalla Giulietta 1300 TI del 1960, dalla Lancia Flaminia del 1962, dalla Fiat 1500 del 1966 e dalla Alfa Romeo Giulia Super 1600 del 1971.

Settant’anni raccontati con molta intensità anche da un video di poco più di cinque minuti che ha il merito di riportare in estrema sintesi il rapporto molto stretto della Polizia Stradale con la vita quotidiana di ognuno di noi e con gli eventi più importanti della storia del nostro paese.

G.M.

Terre di Canossa 2017: partita la settima edizione

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Ha preso il via questa mattina la settima edizione della manifestazione di regolarità che si snoda tra l’Emilia, la Liguria e la Toscana attraversando città d’arte, borghi medioevali e paesaggi che appartengono all’Italia più bella. Il tutto condito con un percorso enogastronomico rispettoso della tradizione delle località attraversate, con soste e serate in location esclusive.

La pioggia di richieste pervenute all’organizzazione ha costretto la direzione di gara ad allargare la partecipazione a 111 equipaggi anziché i soliti 100. Saranno così 14 le nazioni rappresentate, 27 le case automobilistiche.  Trenta le scuderie presenti, la Bergamo Corse è la più numerosa, con 14 equipaggi al via, seguita dal team Loro Piana Classic (8 equipaggi) e dal team internazionale Amici Senza Frontiere (7 equipaggi). In totale, 45 auto italiane, 42 inglesi, 22 tedesche, una francese e una americana.  

Alle 111 auto storiche presenti si sono aggiunte anche sette Ferrari moderne in omaggio ai 70 anni del marchio di Maranello, tra le quali una “488 Spider 70esimo”, unico esemplare di una delle 70 livree speciali realizzate dalla Casa. L’auto più vecchia in gara è invece una Bentley del 1923.

La gara si svolge su un percorso di circa 650 km e prevede 89 prove a cronometro più una prova di media con rilevamenti segreti. Dopo il via da Parma e le prove a cronometro all’Autodromo di Varano de’ Melegari, e dopo aver toccato Borgotaro, “capitale” del fungo porcino e, attraversato il Passo di Cento Croci, dopo essere giunti al Golfo della Spezia, toccato Portovenere, costeggiato il Golfo dei Poeti, il Castello di Lerici, le prove a Montemarcello e Punta Bianca, in serata la colonna dei partecipanti arriverà a Bocca di Magra.

Il percorso del sabato sarà dedicato invece alla Toscana. Prima il passaggio nel centro di Pisa, quindi la sfilata sulle antiche mura di Lucca, il pranzo nello storico chiostro del Real Collegio, l’arrivo di tappa al Duomo di Pietrasanta, si chiuderà la giornata a Forte dei Marmi, con il Beach Party con musica dal vivo sulla spiaggia del Bambaissa.

Domenica 23 il ritorno in Emilia, attraverso le strade delle Alpi Apuane, i tornanti del Passo di Pradarena, per giungere al Castello di Carpineti, una delle principali roccaforti dei territori della Gran Contessa Matilde di Canossa. Quindi ripartenza verso Reggio Emilia dove, sui Ponti di Calatrava, i partecipanti si sfideranno per il Trofeo Tricolore. L’arrivo è previsto a partire dalle 15.00 in Piazza della Vittoria a Reggio Emilia.

Peugeot 305: 40 anni fa design e sicurezza à la page

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Il primo modello Peugeot chiamato a utilizzare le cifre “05” nella denominazione era il frutto di un attento studio sulla sicurezza passiva, una variabile ancora non considerata fondamentale nella progettazione di un’automobile. Il prototipo VSS (Véhicule Synthése Sécurité), presentato nel 1974, aveva svolto l’efficace ruolo di muletto sperimentale per lo studio delle soluzioni implementate sulla nuova berlina di classe media.

La novità tecnica di maggiore rilievo era la presenza di frontale e posteriore a struttura “collassabile”. Grazie alla elevata capacità di deformazione di queste due zone, infatti, la vettura realizzava un vero e proprio “assorbimento” dell’urto in caso di impatto. Non solo: erano presenti anche protezioni per le fiancate e per il serbatoio del carburante.

MOTORI
Il powertrain della 305 seguiva uno scheda assolutamente classico: propulsore anteriore-trasversale, trazione anteriore, sospensioni indipendenti (McPherson anteriore, bracci obliqui al posteriore come sulla Peugeot 304). Al lancio Peugeot propose due motorizzazioni 4 cilindri a benzina: 1.290 cc per 65 Cv (in allestimento GL o GR) o 1.472 cc da 74 Cv (più ricco allestimento SR). Entrambi erano collegati a un cambio a 4 marce.

EVOLUZIONI SUCCESSIVE
Il primo importante ampliamento arrivò con il motore Diesel. La 305 GRD, presentata nel ’79, montava un 4 cilindri 1.5 con 49 cavalli, invero piuttosto sotto tono. Nel 1980 apparve invece la versione Station Wagon, denominata 305 Break. Tra le sue caratteristiche qualificanti figurava il retrotreno con molle orizzontali, schema utilizzato per aumentare lo spazio di carico. La gamma fu quindi ulteriormente ampliata da una versione entry level, dalla 305 S con motore 1.5 portato a 89 cavalli e dall’introduzione di nuovi accessori.

Con il (profondo) restyling del 1982 la Peugeot 305 introdusse una serie di novità stilistiche (frontale e coda aggiornati), di equipaggiamento, motoristiche ma, soprattutto, strutturali. La nuova scocca, modificata nella parte anteriore, accoglieva una nuova sospensione e nuove motorizzazioni: via il 1.5 Diesel per lasciare posto a un 1.9 Diesel a 65 Cv, nuova versione “GT” – in sostituzione della S – con motore 1.6 da 94 Cv.

A partire dal tardo ’83 furono aggiunte la 305 GTX con motore 1.9 benzina da 105 Cv e la versione 1.6 Automatic con trasmissione automatica a 4 rapporti, seguite l’anno successivo, dalla 305 S5 e dall’eliminazione del motore da 1,5 litri in favore del propulsore 1.6 della 305 GT (che beneficiò del 1.9 della 305 GTX) ma depotenziato.

Il 1986 vide il pensionamento della 305 Base e della 305 GT con conseguente sparizione dei motori 1.3 e 1.6 e il 1987 fu, infine, l’ultimo anno di piena produzione: Peugeot presentò la nuova 405, il modello destinato a raccogliere l’eredità della 305, quest’ultima oggetto di una prima strategia di “ritirata”. Peugeot stabilì una unica versione con carrozzeria berlina disponibile a listino, la 305 GLS, motorizzata con il 1.5 da 80 Cv o il 1.9 da 65, e la 305 Break con 1.5 o 1.6 a benzina e 1.9 a gasolio.

La 305 berlina fu tolta definitivamente di produzione nel 1988 e la 305 Break l’anno successivo. Il volume totale di produzione è stato di 1.649.177 esemplari.

Alvise-Marco Seno

Targa Florio Classica 2017: il tris di Moceri

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Si è conclusa domenica pomeriggio 23 aprile con la premiazione in Piazza Verdi a Palermo la Targa Florio Classica, gara di regolarità per auto storiche organizzata da AC Palermo e andata in scena accanto alla 101esima edizione della “cursa” riservata alle auto da rally moderne e funestata, purtroppo, da un brutto incidente. Per ragioni ancora da chiarire hanno perso la vita un commissario di percorso e il pilota di una vettura in gara ed è rimasta ferita in maniera seria anche la navigatrice. Manifestazione  immediatamente sospesa.

Diverso e più disteso epilogo invece per la “Classica” che, dopo aver fatto trotterellare per quattro giorni sulle strade sicule una sessantina di auto storiche costruite fino al 1977  (“mai fatta tanta autostrada in una gara di regolarità!” borbotteranno molti) ha visto il top driver beniamino locale Giovanni Moceri del Loro Piana Classic Team, navigato dalla moglie Daniela Dicembre e su Fiat 508C del 1938, conquistare un meritatissimo podio dopo aver condotto la gara sin dalle prime battute. 

Alle loro spalle Angelo Accardo e Linda Messina su Fiat 1100 del 1957 della Scuderia Amaranto Montebello e l’inossidabile Giuliano Canè con la moglie Lucia Fanti sempre con i colori della Loro Piana Classic Team e autore di una incredibile rimonta dopo aver dovuto risolvere per una notte intera guai tecnici alla sua Lancia Aprilia del 1938. Ancora una volta un boccone amaro questa gara per l’altro campione di Trinacria Nino Margiotta ritirato per un guasto ai freni e comunque ottima prestazione di tutto il Team Volvo che ha lottato con il coltello tra i denti per l’intera Targa perdendo il podio solo all’ultimo.

Gara vissuta sul campo anche per il team di Ruoteclassiche con l’equipaggio Giudici-Minerbi che ha preso parte alla manifestazione dall’abitacolo in allestimento “sperimentale” del prototipo di una Alfa Romeo 1750 del 1962 di proprietà del collezionista Corrado Lopresto, ritirata sulle battute finali per noie meccaniche. 

Massiccia anche la presenza di Alfa Romeo della squadra ufficiale di FCA Heritage, main sponsor della corsa, che ha visto schierati Curci-Sivocci su Alfa Romeo Giulia GTA e Giolito-Buonamassa su Giulietta SZ, oltre a una ampia schiera di vetture della Scuderia del Portello insieme al suo presidente Marco Cajani e alla presenza di pezzi di grandissimo pregio come la 6C 1750 GS Brianza del collezionista svizzero Axel  Marx. 

Il calore unico del popolo di Sicilia ha regalato grande soddisfazione a tutti i partecipanti provati dalla lunga gara che ha avuto un disegno del percorso forse troppo sbilanciato per far divertire i 30 equipaggi del Tributo Ferrari to Targa Florio. Ecco, c’è da sperare che si pensi più alle storiche che alle moderne nelle prossime edizioni. Altrimenti succederà che le auto anteguerra o protagoniste della vera Targa Florio come la Tatra TF, qui in gara nel 1925, dei cechi Zabran-Pollak (“una volta e mai più!”) non ritornino. Per non impoverire lo spettacolo per il meraviglioso pubblico siciliano, vale certamente la pena organizzare percorsi diversi per i due gruppi. 

David Giudici
foto di Nicolò Minerbi

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